Il Vangelo ci invita ad avere coraggio

Letture del 19 giugno, 12ª domenica del Tempo ordinario: «Il Signore ha liberato la vita del povero dalle mani dei malfattori» (Ger 20,10-13); «Il dono di grazia non è come la caduta» (Rm 5,12-15); «Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo» (Mt 10,26-33)DI CARLO CAVIGLIONENon abbiate paura. Sono state le prime parole che hanno aperto il pontificato del grande Giovanni Paolo II. Diceva: «Non abbiate paura, aprite le porte a Cristo». Parole di Gesù che si trovano nel Vangelo di oggi, quando dice ai suoi discepoli: «Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo». Con significato se non diverso, almeno complementare sono un invito ad avere fiducia e coraggio. NON TEMETE GLI UOMINIRicevuto il compito non lieve di salvare il mondo, i discepoli di Gesù stavano per intraprendere la loro missione. Che cosa avrebbero incontrato? Anzitutto non poche ostilità da parte di uomini che li avrebbero contrastati. Il Vangelo non era pane per tutti i denti, anche se c’è da credere che può essere accolto di chi cerca la verità. Don Primo Mazzolari ricorda di un comunista, cui aveva dato il Vangelo da leggere. Glielo restituì dicendo: «Avendo in mano questo libro, come avete fatto a non conquistare il mondo?». Non teneva conto che il Vangelo chiede anche rinunce e sacrifici, nella prospettiva di un mondo migliore. Non tutti sono disposti a cambiare la loro vita e non desiderano neppure che il bene si faccia strada. Per questo Gesù dice ai suoi: «Non temete gli uomini». Dite quello che dovete dire, predicando anche dai tetti. DUE PASSERIGesù vuol convincere i suoi discepoli a non aver paura, dicendo nella luce, quanto hanno udito nelle tenebre, predicando a tutti ciò che hanno ascoltato. Sostegno del loro coraggio è Colui che non lascia cadere a terra neppure un passero: il Padre che è nei cieli, per il quale persino i capelli del nostro capo sono tutti contati. Come diciamo in proverbio: «Non cade foglia che Dio non voglia». È la provvidenza di Dio cui siamo affidati nelle nostre vicende quotidiane, tanto più quando è in causa il regno di Dio e la nostra salvezza. I discepoli non devono temere, poiché gli esiti non dipendono da loro o dalla loro capacità. Sono soltanto strumenti in mano di un Padre e che conduce a buon fine tutte le cose. Non però senza di loro. Ecco la grande benevolenza di Dio, che ci ha chiamati ad essere suoi collaboratori nel piano di salvezza. Egli ha voluto servirsi anche di noi. DAVANTI AGLI UOMINICiò che il Padre desidera per prima cosa dai suoi figli e il Maestro dai suoi discepoli è «che lo riconoscano davanti agli uomini». Il primo aspetto della missione è la testimonianza. I martiri diedero la vita per questo: per non rinnegare la fede nell’unico vero Dio e nel suo Figlio unigenito, che ha mandato. Gesù dice chiaramente ai suoi: «Chi mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli». Parole che non ammettono riserve per la loro chiarezza e severità. Gesù non ammette che i suoi discepoli possano rinnegarlo, per qualsiasi motivo. Non deve prevalere la paura e tanto meno il rispetto umano, essendo sempre pronti a rendere ragione a chiunque della speranza che è in noi. In proposito già Paolo VI diceva che il nostro tempo, per la fede, non ha tanto bisogno di predicatori, quanto di testimoni. E questo tempo non è ancora passato!