Tra Dio e la Chiesa una lunga storia di amore e infedeltà

Letture del 2 ottobre, 27ª domenica del tempo ordinario: «La vigna del Signore é la casa d’Israele» (Is 5,1-7); «La vigna del Signore è il suo popolo» (Salmo 79); «Il Dio della pace sarà con voi» (Fil 4,6-9); «Darà la sua vigna ad altri vignaioli» (Mt 21,33-43)

a cura della COMUNITA’ DI SAN LEOLINOLa Parola di Dio di questa Domenica racconta, con immagini e figure, la storia di Dio e del suo popolo che è una lunga vicenda di amore e di infedeltà. Una vicenda che riguarda ancora noi oggi: Dio ha tanto amato il suo popolo da farsi carne nel figlio Gesù, ma Israele non l’ha accolto. Oggi la sua vigna, la Chiesa, è custodita dal nuovo popolo in attesa di frutti. Così, il grande profeta Isaia (prima lettura) ci parla di una vigna che aveva, come è noto, una grande importanza nell’economia del popolo eletto. Con il gusto e la competenza dell’uomo innamorato della natura, Isaia descrive la cura che Dio ha posto perché questa vigna posa dare frutti abbondanti. Ma la sua speranza sarà delusa e Isaia spiega: «La vigna è il popolo di Israele, che invece di corrispondere ai desideri di Dio ha violato la sua legge di giustizia e di amore». La pagina del profeta stigmatizza senza mezzi termini l’infedeltà del popolo eletto che non ha accolto il Messia e ha rotto l’alleanza.

Nel Vangelo, la parabola di Gesù, rivolta «ai principi dei sacerdoti e agli anziani del popolo», riprende il simbolo della vigna per spiegare il drammatico rifiuto della sua persona e del suo messaggio da parte del popolo di Israele: per avere la parte di raccolto tanto desiderato, Dio manda dapprima un servo, poi un altro, ma questi vengono maltrattati e rimandati a mani vuote. Alla fine manda suo figlio, ma i vignaioli lo uccidono. Gesù preannunzia così la sua tragica fine, raffigurando nel figlio ucciso il suo stesso destino. Allo stesso tempo, tuttavia, manifesta la chiara e inequivocabile coscienza di essere l’inviato di Dio ed è per questa ragione che indica la responsabilità terribile dei capi religiosi del popolo che sono pronti a giustiziarlo. Gesù non è uno dei profeti, ma il Figlio di Dio mandato al mondo. La sua missione è il gesto di salvezza estremo e decisivo del Padre verso il mondo e la storia umana. Il rifiuto di Israele fa sì che Dio scelga come nuovo popolo la Chiesa che è lo sbocco ultimo di questa lunga storia della salvezza.

Tuttavia, il rifiuto verso Gesù, larvato e persino sotterraneo, è sempre in atto anche nella storia del nuovo popolo di Dio. Conosciamo, purtroppo, epoche oscure della vita della Chiesa e non c’è età né luogo in cui non si debbano deplorare abusi e peccati. Di fatto, neanche la nostra comunità cristiana è preservata da questo peccato che comincia sempre con la marginalizzazione di Gesù nella nostra vita. La Chiesa, nuovo popolo di Dio, è chiamata incessantemente a una fedeltà concreta nei confronti di Gesù dal momento che essa è chiamata a dare quei frutti che Israele ha negato a Dio. In ogni caso, l’esempio di Israele ci è messo davanti come un gravissimo ammonimento. San Massimo, primo vescovo di Torino, non esitava a dire alla sua comunità cristiana: «Noi siamo la vigna del Signore. Dunque attenti a produrre uva, non spine; vino, non aceto. Perché chi vendemmia e non dà ai poveri, raccoglie aceto. Chi immagazzina e non fa parte a quelli che sono in necessità, mette nel suo granaio le spine dell’avarizia». La comunità cristiana deve trovare così la sua caratteristica essenziale nella carità verso tutti gli uomini che sono bisognosi di una parola di amore e di verità. È il bellissimo programma che oggi l’apostolo Paolo ci propone: «Tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri».