Nostalgia di Dio

Abbiamo ancoraLetture del 27 novembre, 1ª domenica di Avvento: «Se tu squarciassi i cieli e scendessi!» (Is 63,16-17.19;64,1-7); «Fa’ splendere il tuo volto e salvaci, Signore» (Salmo 79); «Aspettiamo la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo» (1 Cor 1,3-9); «Vegliate: non sapete quando il padrone di casa ritornerà» (Mc 13,33-37)

Da questa domenica, la meditazione sulle letture domenicali è curata da mons. Paolo Razzauti, vicario generale della diocesi di Livorno.

DI PAOLO RAZZAUTIIniziamo, ancora una volta, il tempo di Avvento, periodo di attesa e di speranza. Potrebbe sembrare monotono il ripetersi di questi tempi e di questi temi, ma è il filo di amore che lega Dio con il suo popolo; è il segno della Misericordia di un Dio che continua a chinarsi sulla sua gente. Tutti noi siamo chiamati, soprattutto in questi «tempi forti» ad essere attenti ai segni che Dio mette lungo la nostra strada, per comprendere, con il cuore aperto, il segno del Dio che viene, che si fa uomo, che si fa storia.Il nostro rapporto con Dio è il dialogo spirituale che deve sostenere la nostra vita, che deve donare speranza; è un dialogo sostenuto dalla fiducia e dall’amore. «Tu, Signore, sei nostro padre, da sempre ti chiami nostro redentore. Perché, Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie e lasci indurire il nostro cuore, così che non ti tema?… Ritorna per amore dai tuoi servi». Credo che queste parole di Isaia riflettano in gran parte il tempo in cui viviamo. I nostri sono tempi in cui sembra trionfare un generale disinteresse verso Dio; sembra esserci quasi una volontà di cancellare tutto ciò che riguarda Dio; tempi in cui a Dio si è sovrapposto l’«io». Eppure, nonostante tutto questo, nell’intimo dell’uomo si continua ad intravedere un nostalgia di Dio, una nostalgia di un qualcuno che dia sicurezza in tempo di incertezze, di stabilità in tempo di instabilità. Un Dio, il nostro, che non si dimentica del suo popolo, un Dio che dinanzi al peccato del suo popolo continua ad allargare le braccia e ad attenderci. Non invocare Dio, dimenticarci di Lui è essere come una foglia avvizzita che si lascia andare al vento. Spesso tutto questo proviene dalla nostra pigrizia, dal nostro qualunquismo : eppure, come credenti, siamo chiamati a costruire il Regno, a collaborare perché questo Regno cresca e si solidifichi. Ed allora, dobbiamo avere il coraggio di riconoscere il nostro peccato, di alzarci e riprendere il cammino. S. Paolo ci invita ad essere coscienti della Grazia che ci è stata donata, dei doni di cui siamo stati arricchiti: eppure, spesso, ci lasciamo tentare da tanti altre luci abbaglianti, ci lasciamo trarre in tentazione di cercare fuori ciò che abbiamo già dentro di noi. Nessun dono di grazia ci manca, abbiamo tutto, perché abbiamo il Signore. Alla fedeltà del Signore dobbiamo saper rispondere con la nostra fedeltà. Non dobbiamo aver paura a lasciarci amare da Lui, non dobbiamo temere di gridare il nostro amore per Lui.Vieni Signore Gesù, vieni a squarciare le nostre tenebre, viene ed illumina la nostra strada. Sono queste necessità che debbono divenire stimoli per metterci in attesa, un’attesa positiva, concreta, in cui non solo si attende, ma si costruisce, si porta il nostro contributo. La strada dei Pastori è una strada, inizialmente buia, ma che si illumina man mano che si avvicinano alla grotta. Ed allora, è doveroso chiedersi: quale Signore noi aspettiamo, quale il volto del Signore in cui mi voglio rispecchiare? Se prima non si chiarisce quale Signore c’è in noi, ogni attesa diverrà inutile, ogni speranza diverrà delusione.

Noi attendiamo il Signore che ci prende per mano, ma anche il Signore che ci dice «vai ed evangelizza»; il Signore che ci abbraccia come un Padre, ma anche il Signore che ci invita a lanciarsi, a camminare da soli. Dobbiamo essere più coraggiosi, non farci condizionare dal tempo in cui viviamo, ma essere noi stessi, come credenti, e scrivere una storia in cui il Signore è il centro, è il punto focale. Non dobbiamo sentirci servi che spadroneggiano pensando che il padrone non torni, né essere servi paurosi del ritorno del padrone; dobbiamo essere servi «vigili» che attendono con gioia il ritorno del padrone per fargli vedere il lavoro fatto. Ed allora non abbiamo paura, ma ancora una volta invochiamo il Signore chiedendo che guardi dal cielo e visiti questa vigna; chiedendo che la sua mano sia sempre sulla nostra testa.

Iniziamo, allora, questo periodo di avvento coscienti delle nostre responsabilità, forti della grazia che ci è stata donata, rinnovando il grido di speranza: «Fa’ splendere il tuo volto e salvaci, Signore».