Gesù ci indica la via della croce

Letture del 26 marzo, 4ª domenica di Quaresima: «Con l’esilio e la liberazione del popolo si manifesta l’ira e la misericordia del Signore» (2 Cr 36,14-16.19-23); «Il ricordo di te, Signore, è la nostra gioia» (Salmo 136); «Morti per i peccati, siamo stati salvati per grazia» (Ef 2,4-10); «Dio ha mandato il Figlio perché il mondo si salvi per mezzo di lui» (Gv 3,14-21)

DI CARLO STANCARIIl dialogo con Nicodemo è il primo dei grandi discorsi che caratterizzano il Vangelo di Giovanni. La liturgia di oggi ne propone un piccolo estratto. Domenica scorsa Gesù, cacciando dal tempio i mercanti, ci indicava la risurrezione; oggi ci indica la croce. I segni del venerdì santo sono richiamati: la croce, il giudizio, le tenebre. Ma Gesù afferma la vittoria definitiva della luce, segno della vittoria della vita sulla morte. Ora si tratta di vivere da figli della luce, di preferire la luce alle tenebre, di credere al Figlio che il Padre ha inviato. Questa nostra scelta preferenziale, totalizzante, ha inizio nel Battesimo (II lett.) che pone il cristiano partecipe del disegno di Dio misericordioso e liberatore del suo popolo (I lett.).

«Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito». L’azione di Dio e caratterizzata dall’amare (prendersi a cuore), dal donare (condividere) e dall’inviare (tutta la vita e missione per il Regno). Gesù e «il dono» di Dio all’umanità, perchè si attui la salvezza gia da ora. Un dono incondizionato, per pura volontà di salvezza offerta gratuitamente a tutti. Dono che fa di noi dei riconoscenti e dei capaci di dono a nostra volta verso il prossimo, verso l’intera umanità. Siamo chiamati a risignificare la nostra esistenza come dono ricevuto e come dono da condividere, perchè ci sia speranza e al calore necessario al vivere quotidiano.

E come Cristo dà se stesso per la vita della moltitudine, cosi noi siamo dei servitori della vita, siamo dei testimoni della vita incorruttibile, della dignità della vita. Riconosciamo (e la prima condizione per essere salvati) le nostre inadempienze, i nostri peccati; anzi, facciamo del nostro limite riconosciuto il luogo della manifestazione della misericordia che Dio ci ha usato; cosi a nostra volta rendiamo gloria al Nome di Dio facendo misericordia al nostro prossimo.

Questo stile di vita non ci risparmierà l’incomprensione; ma noi sappiamo in chi abbiamo creduto e da chi siamo amati. È in Lui la nostra forza e la nostra speranza, pronti sempre a renderne ragione nella mitezza e nella semplicità disarmata, ma mai arresa al male.

Spesso pensiamo che Dio ci ami e sia dalla nostra parte quando tutto ci va bene; anzi talvolta diciamo il nostro «grazie» proprio perché tutto torna secondo i nostri desideri. In realtà l’amore di Dio si manifesta «sub contraria specie», cioè nel mistero-evento della croce. Non si può partire dal nostro benessere per sentirci amati da Dio, quasi che coloro che invece sono nella condizione di prova (oltre la metà dell’umanità) non siano i benedetti da Dio. Dobbiamo rivedere la nostra fede, perchè l’infedeltà normalmente si presenta con il manto della rispettabilità e della «normalità». Ormai sappiamo che in definitiva il prezzo del nostro benessere e pagato dai poveri del mondo. La nostra fede e autentica quando è amore responsabile, quando è passione per la verità che libera, quando è prossimità pagata di persona. Nell’Antico Testamento Dio ha indicato al suo popolo le vie del rinnovamento attraverso lo scontro con popoli pagani; oggi la nostra condizione non appare tanto diversa.«Il ricordo di te, Signore, e la nostra gioia» (Salmo responsoriale). Rinnoviamo la nostra memoria battesimale mentre camminiamo verso la Pasqua del Signore, perchè siamo abitati dalla gioia avendo scoperto la perla preziosa e il tesoro nascosto nel campo delta storia.

È questione di innamoramento, di entusiasmo per il Signore; è questione di ricomprensione di quella Persona che mi ha guardato e mi ha amato, e «ha dato la sua vita per me».