La Risurrezione vittoria dell’amore
Domenca 16 aprile, Pasqua di Risurrezione: «Noi abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti» (At 10,34.37-43); «Questo è il giorno di Cristo Signore: alleluia, alleluia» (Salmo 117); «Cercate le cose di lassù, dove è Cristo» (Col 3,1-4); «Egli doveva risuscitare dai morti» (Gv 20,1-9)
Domenica 23 aprile, seconda domenica di Pasqua: «Un cuore solo e un’anima sola» (At 4,32-35); «Abbiamo contemplato, o Dio, le meraviglie del tuo amore» (Salmo 117); «Tutto ciò che é nato da Dio vince il mondo» (1 Gv 5,1-6); «Otto giorni dopo, venne Gesù» (Gv 20,19-31)
La veglia pasquale ci ricorda chi noi siamo e quale è il cuore della nostra fede.
La liturgia ci riporta all’essenziale con mezzi che non sono discorsi astratti, ma simboli, segni e gesti: la luce (il cristiano è un portatore della luce che è Cristo, anche con un fiammella vacillante; il popolo cristiano è un popolo illuminato dalla luce di Cristo); la processione (un popolo in marcia verso il compimento illuminato dalla colonna di fuoco che è Cristo); la veglia (come i servi della parabola, in attesa del ritorno del Signore; siamo un popolo vigilante, non addormentato); l’acqua (siamo immersi nella morte di Cristo, per risorgere con Lui ad una esistenza nuova); il pane e il vino (il Cristo fa di noi il suo corpo di gloria, nutrito del Suo Corpo e del Suo Sangue).
Questi «segni santi»ci dicono che siamo un popolo chiamato a testimoniare Cristo vivente e veniente. Noi non risusciteremo (al futuro!), ma siamo (al presente!) risorti con Cristo (cfr. Col 3,1); cioè: la nostra non è solo una speranza, ma una realtà da vivere. Con il Battesimo siamo già in Dio. Noi siamo assai più di quanto non supponiamo o pensiamo. Ormai siamo associati alla vita di Cristo e perciò tendiamo all’amore, alla libertà, alla giustizia, alla pace e all’azione di grazie. Solo queste realtà assicurano la nostra dignità di figli di Dio; orientare verso queste realtà i nostri desideri, vuol dire crescere nella somiglianza del risorto, e quindi essere missionari del Padre per la vita del mondo.
Per cinquanta giorni, fino a Pentecoste, e poi di domenica in domenica (Pasqua della settimana) noi celebriamo, come un’unica grande festa, il Mistero Pasquale; cresciamo come comunità del Risorto. Gli Atti degli Apostoli (tipico testo pasquale), lungi dall’essere una semplice lezione di storia, contengono in germe le speranze e le fatiche della Chiesa di sempre: l’esigenza di comunione fraterna, il gioioso annuncio del perdono dei peccati e l’invito alla conversione, il ministero della guarigione, l’apertura prima esitante e poi risoluta a tutte le nazioni. In tutto questo è all’opera la potenza del Risorto.
Nel brano del Vangelo del giorno della seconda domenica di Pasqua, il tema centrale è fede. Tommaso riceve la testimonianza degli Apostoli, ma non crede ancora. È «Didimo», cioè «Gemello»: sia del Signore (perchè è disposto a morire con Gesù), sia nostro (perché, come noi, non vive la beatitudine della fede). Solo l’amore dà una capacità di vedere l’invisibile. La Risurrezione è la vittoria dell’amore su ogni forza di male, comunque legittimata. Lo Spirito del Risorto ci libera dalla paura della morte (l’ultima delle nostre paure), e ci dona il discernimento sul senso delle Scritture e della nostra vita. Liberati dalla paura diremo come Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!».
Con il dono della fede possiamo guardare il mondo con gli occhi della speranza e scoprire che la vera legge della vita, quella che salva il nostro oggi e il nostro futuro, è la legge dell’amore che si dona. Nessun altro criterio è vincente. La comunità del Risorto è chiamata a continuare l’opera di Gesù, con il Suo stile, con la Sua prospettiva ultima, con la Sua determinazione, senza appoggiarsi ad altro che alla fedeltà di Dio, giocandosi nel frammento dell’incontro con l’altro. La comunità cristiana è l’inizio di umanità, chiamata ad essere un cuore solo e un’anima sola. Che bella grande vocazione la nostra!