Non chiedere spiegazioni a Dio

Lettura del 24 settembre, Domenica XXV del Tempo ordinario B: «Se il giusto è figlio di Dio, egli l’assisterà» (Sap 2,12, 17-20); «Dove c’è gelosia e spirito di contesa, c’è disordine» (Gc 3,16- 4, 3); «Essi però non comprendevano queste parole e avevano timore di chiedergli spiegazioni» ( Mc 9, 30-37).

DI BERNARDINO BORDOLe letture di questa domenica sono impostate in maniera da invitare all’approfondimento dei misteri del nostro rapporto personale con Dio e contestualmente dissuaderci dal pretendere di avere spiegazioni troppo profonde, sul suo stile comportamentale con noi e con gli altri. Soprattutto con noi.

Se abbiamo scelto la sequela di Cristo, come ragione specifica della nostra vita e del nostro impegno di apostolato, prima o poi ci si avvedrà che questa pia presunzione si tirerà dietro critiche impietose di chi ci osserva, ma non in spirito di adesione fraterna, fino a dire, nei nostri confronti: Se si trattasse di vero bene, Dio lo mostrerebbe. Ciò non avviene; quindi è solo ambizione, ipocrisia; e ognuno ha diritto di opporsi (prima lettura).

Impostate così le cose, il nostro cammino procederà quasi sempre fra gelosie e contese, da creare disordine attorno a noi e anche dentro di noi. Di conseguenza, ne ricaveremo l’impressione che gran parte delle nostre energie spirituali dovrà sprecarsi, nel tentativo di evitare esperienze tanto amare, capaci di scoraggiare anche i più generosi (seconda lettura).

Lo stesso divino Maestro, a scanso di illusioni, si dà pensiero di chiarire, man mano che si cammina dietro a lui, che non si tratta di salire verso il Tabor, ma verso il Golgota, per prendere parte alla sua passione, con generosità costante. Userà tanta delicatezza con noi, come la usò quella volta di cui parla il Vangelo di oggi, dove è riportata una delle note profezie della passione. In questa si tiene ancora sulle generiche: dice che sarebbe stato consegnato nelle mani degli uomini, ma non specifica che alludeva al sinedrio giudaico, già da anni impegnato ad ostacolarlo in tutti i modi; dice che verrà ucciso, ma non aggiunge che sarà straziato su di una croce, forse fra pochi mesi, pochi giorni; conclude con l’accenno alla risurrezione dopo tre giorni, ma senza chiarire quel punto che altre volte li aveva sconcertati. Eppure, a dispetto di tante precauzioni, anche questa volta, gli apostoli si lasciarono sopraffare dallo spavento. Anzi ebbero timore di chiedergli spiegazioni, perché sapevano, per esperienze antecedenti, che avrebbe potuto rincarare la dose (terza lettura). Quante volte deve essere accaduto anche a noi, pur avvertiti da una certa esperienza di vita cristiana impegnata ci ha portati a non chiedere arrogantemente al Signore, perché abbia permesso quella morte di una persona cara, perché non abbia impedito quella guerra, quel disastro ecologico. Noi, forse, non osiamo chiedergli più spiegazioni del genere, perché ci è stato concesso di capire che è molto più virtuoso, più accetto a lui e vantaggioso per noi, abbandonarci al suo disegno di Salvezza, dove sono previsti momenti di respiro, ricupero di energie, nuovi sostegni al momento giusto… In che modo, del resto, potrebbe rivelarci in anticipo questa trama di premura divina, vasta come la sua mente sovrana e quindi incomprensibile alla nostra, questo poema d’amore che s’identifica con Lui, perché «Dio è amore»?