«Una cosa sola ti manca»

Lettura del 15 ottobre, 28ª Domenica del Tempo ordinario, B: «Implorai e venne in me lo spirito di sapienza» (Sap 7, 7-11); «La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio» (Eb 4,12-13); «Quanto difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel regno di Dio!» ( Mc 10,17-30)

DI BERNARDINO BORDOLo spirito di Dio aleggia sulle letture che ci propone questa terza domenica di ottobre. Nel testo dalla Sapienza biblica, le espressioni dello scrittore ispirato, un ebreo di cultura ellenistica, si raffinano, quasi a venire a contatto con quelle evangeliche della pienezza dei tempi; se ne intuisce il pregio e se ne chiede con insistenza l’intervento, attraverso l’invocazione. (prima lettura).

In quello dell’autore della Lettera agli Ebrei, l’efficacia di spirito che penetra nell’intimo del credente, viene paragonata a quello del gladio romano, a doppio taglio, con irresistibile penetrazione nell’intimo del credente (seconda lettura).

Nell’episodio che ci ha conservato Marco se ne ha una esemplificazione, con quel giovane che, come è facile intuire, era rimasto attratto dalla parola di Gesù, anche per merito di un’ adolescenza moralmente ineccepibile. Il Salvatore risponde con benigna disponibilità alla sua prima domanda, riguardante le condizioni richieste, per entrare nella vita eterna, citando alcuni passi del decalogo (significativo che si sia limitato alla seconda lista) e alla seconda, dove sospinge in alto le aspirazioni del richiedente, attraverso la rinuncia ai beni terreni, l’elargizione di essi ai poveri e, cosa ben più importante, la sua sequela (terza lettura).

Purtroppo quel caro giovane non era preparato a quel lancio da vero atleta dello spirito. Se ne rattristò, ci rifletté ancora un poco; ma poi ammise sinceramente di non sentirsi in grado di giungere a quelle altezze. E se ne andò desolato.

Se ne rammaricò anche il divino Maestro: quel giovane gli aveva fatto sperare qualcosa di più, anche se lui sapeva benissimo quello che c’è nel cuore dell’uomo, come avrebbe annotato Giovanni evangelista, in una occasione consimile. E disse chiaro che a troncare le ali all’uomo verso il cielo, è sempre l’attaccamento ai beni terreni; a illuderlo che un cammello possa passare attraverso la cruna di un ago, è sempre il denaro, accumulato e fatto oggetto di autentico culto idolatrico. E concluse: «Quanto difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel regno di Dio!».

I discepoli ammisero quella impossibilità e ne rimasero sgomenti. Il Maestro ribadì il monito, ma senza lasciarli nella valutazione depressiva delle sue parole; anticipò la promessa della vita eterna, per chi fosse giunto a rinunciare a tutto per amor suo, e il centuplo, già da questa vita, come caparra.

Chi è alla sua sequela da anni e decenni sa che Cristo non manca mai di parola, neanche su questo centuplo. S. Girolamo se la prendeva con i millenaristi, in attesa di un centuplo materialistico, assurdo. Chi è stato chiamato a prolungare la sua missione di salvezza e santificazione nel mondo sa che esiste questo centuplo, già da questa vita, ad un livello dove solo l’esperienza di fede può accertare quanto sia misteriosamente vero ed inimmaginabile.

La celebrazione eucaristica di questa domenica, con le sue suggestioni di amore di Cristo che si fa carne per la vita del mondo, rappresenta una significativa anticipazione di ciò che egli riserva per coloro che credono al suo amore, fino al punto da non poterne più fare a meno.

A molti di noi, è forse questa l’«unica cosa che manca, per essere perfetti» nell’ unione con Dio e nella comunione sincera, attiva e costante con i fratelli.