Tutta l’umanità è invitata a stringersi intorno a Gesù, il «buon pastore»

Letture del 29 aprile, quarta domenica di Pasqua: «Ecco, noi ci rivolgiamo ai pagani» (At 13,14.43-52); «Noi siamo suo popolo, gregge che egli guida» (Salmo 99); «L’Agnello sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita» (Ap 7,9.14-17); «Alle mie pecore io do la vita eterna» (Gv 10,27-30)

DI BRUNO FREDIANI

Nel brano dell’Apocalisse, Giovanni ci descrive la visione di un’immensa folla che si stringe attorno al trono dell’Agnello, per costituire il regno di Dio: gente di ogni nazione, razza e lingua, che, dopo aver superato le prove della vita presente ed essere stati purificati e lavati dai peccati col sangue di Gesù, formano un immenso corteo che accompagna e acclama Cristo, l’Agnello divino. Fin dall’inizio del loro ministero, gli apostoli, fedeli all’insegnamento e alle consegne del Signore, hanno proclamato, vincendo anche perplessità e ostilità all’interno delle loro comunità, che tutti gli uomini, senza distinzione, sono chiamati a far parte del popolo di Dio, per mezzo della fede in Cristo.

Gesù ha fondato la Chiesa e l’ha voluta «cattolica», cioè universale, per accogliere e riunire nel corso dei secoli tutti coloro che avrebbero creduto in lui, da tutti i punti della terra. La Chiesa è l’ovile di cui Gesù è il pastore; Lui vuole che tutti gli uomini, come pecorelle amate da Dio, vi entrino e vi siano accolte.

Gesù stesso si presenta come un buon pastore che si prende cura delle pecore, fino a sacrificare la propria vita per loro. Tanta sollecitudine e cura induce le pecore, cioè noi, alla docilità, a fidarsi di lui, ad ascoltare la sua voce, ad accogliere la sua guida.

Cristo risorto è il nostro capo, pastore e guida; egli ci ha preceduto nella via che conduce al Padre e in lui tutto il suo corpo, che è la Chiesa, ha già raggiunto la pienezza della vita eterna e divina. La comunità eucaristica è anticipo e annuncio di questa realtà. Come la «moltitudine immensa» ci riuniamo attorno all’Agnello, che col suo sangue ci ha salvati e purificati. L’Agnello diventa il nostro Pastore e ci conduce ai pascoli e alle acque della vita, che ci sono offerti alla mensa della Parola e del Pane. La comunità eucaristica è così segno dell’assemblea gloriosa del cielo e il suo orizzonte si apre ad abbracciare tutti gli uomini chiamati alla stessa meta di salvezza e di gloria.

Tutta la vita della comunità, come naturale prolungamento dell’Eucaristia, è testimonianza di questa realtà e verità se vive come una comunità non gelosa dei propri privilegi e delle proprie tradizioni, non arroccata nelle proprie sicurezze, ma aperta alla «novità» del vangelo, provocata dalle attese e dalle sofferenze degli uomini e del creato, proiettata verso il «mondo nuovo» annunciato e iniziato da Gesù, in un impegno quotidiano, umile e paziente, di rinnovamento.

L’amore fedele e invincibile promesso da Gesù Pastore, accolto dai discepoli, circola in mezzo a loro e alle loro comunità e viene comunicato a tutti gli uomini, concretamente, attraverso l’ascolto attento, l’accoglienza incondizionata e il servizio gratuito e generoso a ogni uomo. La comunità dei discepoli, con la forza della sua fede, della sua speranza e della sua carità, trascina con sé, in un cammino che accosta insieme l’esperienza del dolore e della fatica a quella della gioia e della beatitudine, tutti gli uomini, senza alcuna distinzione o differenza, per arrivare a formare, attorno a Gesù, un’unica comunità che lo loda e lo esalta come Salvatore.