Pentecoste: se il cristiano è un «uomo di fuoco»
Domenica 27 maggio, Pentecoste: «Furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare» (At 2,1-11); «Del tuo Spirito, Signore, è piena la terra» (Salmo 103); «Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito, costoro sono figli di Dio» (Rm 8,8-17); «Lo Spirito Santo vi insegnerà ogni cosa» (Gv 14,15-16.23-26)
DI BRUNO FREDIANI
Oggi la Chiesa ripercorre le meraviglie che lo Spirito, fin dai suoi inizi, ha compiuto durante il suo cammino. Non è possibile parlare della Chiesa, senza parlare dello Spirito.
È lo Spirito che dà alla Chiesa una nuova giovinezza e una capacità continua di rinnovarsi. Non si tratta di una rivoluzione nella quale la parte viva della Chiesa spodesta la parte vecchia, né di una teologia che, acquistando la maggioranza dei consensi, relega tra le cose morte la teologia del passato.
Lo Spirito abita nella Chiesa e nel cuore dei fedeli come in un tempio. La verità che insegna non è figlia del tempo, né è frutto delle dialettiche della ragione umana, non parla una lingua, ma tutte le lingue, e sebbene la parola che egli suggerisce sia quella già detta da Gesù, la ricchezza che egli trae da quell’immutabile parola è inesauribile e fonte di continua novità.
Il popolo di Dio è la dimora dello Spirito Santo. Quando dimentica questa sua identità riduce la verità spirituale a verità carnale, il Regno di Dio a regno dell’uomo, la Parola eterna in cultura mutevole, la legge interiore della libertà nella legge carnale della disobbedienza e del dominio.
La Pentecoste non è solo un avvenimento da porre all’inizio della storia della Chiesa, ma è un evento permanente, che senza cambiare nulla della Parola di Gesù, custodisce ogni ricchezza che da quella parola lungo i secoli è nata, per iniziativa dello Spirito. Il rinnovamento, pertanto, non è un ritorno all’antico, ma un ingresso nelle profondità della coscienza ecclesiale, che lo Spirito illumina. Alla luce dello Spirito si chiarifica ciò che è contingente e ciò che è essenziale, ciò che è immutabile e ciò che è mutevole, ciò che è frutto autentico dello Spirito di Dio e ciò che è frutto effimero dello spirito dell’uomo.
Il tempo della Chiesa è tutto tempo di Pentecoste, dato che la Pentecoste non è mai venuta meno nel tempo della Chiesa. Il popolo di Dio, gerarchia e laicato, si misura permanentemente con la legge dello Spirito Santo, lasciando morire ciò che deve morire, lasciando nascere ciò che deve nascere, in modo che la giovinezza della Chiesa, sia verificabile anche ai lontani che non sanno vederla nella sua esteriorità.
Il Rosmini distingueva i cristiani in «uomini di memoria» e «uomini di fuoco». I primi non creano, al più custodiscono. Oggi però è sicuramente un tempo in cui occorre soprattutto il fuoco, che se è fuoco di Pentecoste, è anch’esso una memoria fedele della parola che Cristo ci ha consegnato dopo averla ricevuta dal Padre, ed è soprattutto un fuoco che rinnova la faccia della terra.
La creazione sembra essere lì in attesa di questa forza che la rinnovi, e lo Spirito sembra soffiare «col suono di vento impetuoso», e noi sembriamo, come gli Apostoli, rinchiusi nel cenacolo, o «per timore dei Giudei» o per pregare affinché si compiano anche in noi le promesse di colui che è asceso al cielo.
Come Pietro e gli altri apostoli, siamo invece chiamati ad annunciare con le parole e le opere le meraviglie di Dio.