Il perdono è la novità che ci libera

Letture del 17 giugno, 11ª domenica del Tempo Ordinario: «Il Signore ha perdonato il tuo peccato; tu non morirai» (2 Sam 12,7-10); «Ridonami, Signore, la gioia del perdono» (Salmo 31); «Non sono più io che vivo; ma Cristo vive in me» (Gal 2,16-19.21); «Le sono perdonati i suoi molti peccati, perché molto ha amato» (Lc 7,36-8,3)

DI BRUNO FREDIANI

Un fariseo invita Gesù a casa sua, ma fissato nella pratica scrupolosa della legge di Mosè, è incapace di comprendere l’originalità e la novità del messaggio di Gesù: la misericordia.

La peccatrice, invece, non avendo la presunzione di poter contare sui suoi meriti personali, si rimette alla bontà di Gesù nel quale ha capito di poter aver fiducia: la sua stessa miseria la apre alle porte della misericordia.

Con Gesù, inizia una realtà nuova. La parola «nuovo», nella Bibbia indica un evento che risolve, capovolgendole, le realtà vigenti. La «novità» è in atto ed è come una nuova pista nel deserto. Come una corrente d’acqua che rende fertile la steppa. Essa è costituita dalla cancellazione dei peccati di Israele, prospettiva che  apre ad una nuova vita che, abolendo ogni senso di colpa e di condanna,dà inizio ad una partecipazione ardente e gioiosa al regno inaugurato da Gesù.

«Donna, ti sono perdonati i tuoi peccati», sono parole che svegliano la meraviglia e la contrarietà dei commensali: «Chi è quest’uomo che perdona anche i peccati?». Nella mente dei farisei il perdono di Dio, avrebbe dovuto necessariamente passare attraverso le loro prescrizioni  e i loro riti.

Gesù, uomo nuovo, solo con la sua parola crea la nuova realtà, la certezza che Lui, l’Agnello che toglie i peccati del mondo, ha abolito il peccato, il complesso di colpa, il peso di sentirsi condannato. Egli non nega il peccato, ma col suo potere, lo supera inducendo una nuova consapevolezza nell’uomo, quella che guarda con serena saggezza i propri limiti e le proprie colpe, non per angustiarsene, ma per considerarle nelle loro profonde radici, per capire le immaturità e le involuzioni che le causano, e per riprendere il proprio cammino assumendo i peccati come segno delle ombre che ancora dominano l’animo di ogni uomo.

Il sacrificio di Gesù ha abolito ogni forma di espiazione che convogliava il senso di colpa dell’uomo. La gratuità del perdono libera dal rimorso e induce quella gioia e quella novità che ci spingono a partecipare sempre più intensamente all’ascesa dell’uomo operata dalla salvezza portata da Gesù.

Questa novità non è concessa ad alcuni e negata ad altri, è partecipata a tutti. In essa viviamo e ci muoviamo. È questa novità che ci rende consapevoli degli altri, come pellegrini verso lo stesso destino: l’uomo vero, non più impoverito da inutili timori, da soffocanti complessi di colpa o di inferiorità. Nessuno è maggiore o minore, tutti abbiamo una dimora nella casa del Padre. In questa prospettiva ognuno vede il suo compito e il suo posto come ugualmente onorevole, meritorio e ugualmente faticoso. Solo chi sa fiorire dove fu seminato obbedisce al mandato. La gioiosa partecipazione alla vita si concretizza nel sentirsi a servizio della vita stessa. Tutto ciò che, anche sul piano umano, contribuisce a liberare dai sensi di incapacità e di colpa, libera l’uomo e lo eleva al di sopra delle proprie limitate capacità e propensioni. Liberi dai complessi di colpa ci possiamo avviare verso l’adorazione di Dio in spirito e verità, che, sola, può ricolmare di luce la nostra mente e di amore il nostro cuore.