Gesù rifiuta di togliere all’uomo la sua libertà

Da questa settimana il commento alle letture domenicali è curato da don Marco Pratesi, parroco di Santa Maria del Soccorso a Prato e direttore della Scuola diocesana di Teologia. Don Pratesi è anche autore di numerosi libri, e da alcuni anni tiene un «blog» su internet, «Lo zabaione», in cui pubblica pensieri e riflessioni.

Letture del 10 febbraio, 1ª domenica di Quaresima: «La creazione dei progenitori e il loro peccato» (Gn 2,7-9; 3,1-7); «Perdonaci Signore: abbiamo peccato» (Salmo 50); «Dove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia» (Rm 5,12-19); «Gesù digiuna per quaranta giorni nel deserto ed è tentato» (Mt 4,1-11)

DI MARCO PRATESI

La requisitoria che il grande inquisitore tiene di fronte a Gesù nel celebre testo de I fratelli Karamazov di Dostoevskij, è strutturata proprio sul vangelo proposto nella I domenica di quaresima, ossia il racconto della tentazione di Gesù secondo Matteo. Anzi ne è una esegesi, che sa cogliere e rendere in modo geniale alcune decisive implicazioni del racconto evangelico.

Riprendiamone poche suggestioni (si consenta qualche citazione), limitandoci alla prima tentazione: «”Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre divengano pani”. Ma Gesù rispondendo disse: “Sta scritto: ‘Non soltanto di pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che viene dalla bocca di Dio'”» (Mt 4,3-4). Dostoevskij scrive così: «Vedi tu queste pietre in questo nudo e infocato deserto? Mutale in pani e l’umanità sorgerà dietro a te come un riconoscente e docile gregge, con l’eterna paura di vederti ritirare la mano e rimanere senza i pani». Il senso della proposta satanica è limpido: non sei qui per guidare l’umanità? Risolvi i suoi problemi – e quello del pane è il primo – e ad essa non parrà vero di consegnarti la sua libertà. Dono scomodo, indesiderato, la libertà: «non c’è per l’uomo pensiero più angoscioso che quello di trovare al più presto a chi restituire il dono della libertà con cui nasce questa infelice creatura».

A Gesù però questo tipo di ubbidienza non importa, giacché «quale libertà può mai esserci, se l’ubbidienza è comprata coi pani?» Questo «gran rifiuto» è gravido di conseguenze, non solo per Gesù. Egli rifiuta «la bandiera del pane terreno». Non  sapeva che quella bandiera gli avrebbe consentito di indurre tutti a inchinarsi senza discussione dinanzi a lui? Ignorava che proprio nel nome del pane terreno lo spirito del mondo avrebbe lottato contro di lui? Non conosceva il panem et circenses dei Cesari, ricetta sicura per chi, in ogni tempo, avrebbe cercato di dominare le masse?

«Sai tu che passeranno i secoli e l’umanità proclamerà per bocca della sua sapienza e della sua scienza che non esiste il delitto, e nemmeno il peccato, ma che ci sono soltanto degli affamati? ‘Nutrili, e poi chiedi loro la virtù!’: ecco quello che scriveranno sulla bandiera che si leverà contro di te e che abbatterà il tuo tempio».

Parole pesanti, che svelano la carica di attualità dello scarno testo evangelico. L’uomo occidentale – in perenne lotta col sovrappeso – assiste alla moltiplicazione delle proprie fami che, come l’idra di Lerna, saziate si moltiplicano. Che cosa potrà sfamarci? La risposta del Cristo risuona oggi più che mai netta, sferzante, provocatoria: la Parola di Dio.

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