Pasqua: ma noi abbiamo compreso le scritture?

Domenica 23 marzo, Pasqua di Resurrezione: «Noi abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua resurrezione» (At 10,34.37-43); «Questo è il giorno di Cristo Signore: alleluia, alleluia» (Salmo 117); «Cercate le cose di lassù» (Col 3,1-4); «Egli doveva risuscitare dai morti» (Gv 20,1-9)

DI MARCO PRATESI

«Non avevano ancora compreso la Scrittura» (Gv 20,9). Quando leggiamo questa e altre simili espressioni nei Vangeli, rimaniamo un po’ sorpresi. Ma come, Gesù aveva detto chiaro che sarebbe stato rifiutato e ucciso, e che sarebbe risorto! Com’è possibile che gli apostoli fossero così duri? Ricordiamo qui solo di sfuggita il fatto che non conosciamo comunque di preciso ciò che Gesù aveva detto ai suoi prima della passione: i racconti che abbiamo noi (i Vangeli) sono pur sempre racconti scritti dopo. Ma questo ci interessa fino a un certo punto. Quello che conta è che qui c’è un insegnamento per noi. Perché non è, questa, un’esperienza anche nostra? Facciamo e disfiamo, andiamo qua e là e ricominciamo, con fatica scopriamo alfine qualcosa di nuovo, una nuova luce. Poi ci capita di rileggere un passo del Vangelo: ma qui non era già scritto tutto? Non sapevo già tutto questo? Non mi era già stato detto fin da prima?

Certo, lo sapevamo, ci era stato detto. Perché nella Parola di Dio tutto è già detto. In un altro senso, però, tutto doveva essere ancora detto. No, gli apostoli non erano più tonti di noi. Questa è stata, è e sarà l’esperienza di chiunque si mette in ascolto della Parola. A questo punto dentro di noi emerge una doppia, salutare reazione. Da una parte: quanto sono duro, «tardo di cuore» nel credere! Dall’altra: quanto è paziente e buono il Signore! Egli, dopo che lo abbiamo abbandonato e frainteso, è ancora là, e ci ripete – come prima – il consolante saluto (oramai divenuto) pasquale: «Shalom, pace a voi».