«Signore, dammi un cuore che ascolta»
27 luglio, 17ª domenica del Tempo Ordinario: «Hai domandato per te di comprendere» (1 Re 3,5.7-12); «La tua legge, Signore, è la mia gioia» (Salmo 118); «Ci ha predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo» (Rm 8,28-30); «Vende tutti i suoi averi e compra quel campo» (Mt 13,44-52)
DI MARCO PRATESI
La prima lettura racconta un episodio degli inizi del regno di Salomone, intorno al 970 a. C. Il tempio non esiste ancora, e il giovane re ha dato inizio al suo regno con una ricca offerta sacrificale a Gabaon, importante santuario a una decina di chilometri a nordest di Gerusalemme. In quell’occasione ha un sogno, nel quale Dio gli dice: «chiedimi ciò che vuoi». Domanda difficile.
La risposta di Salomone parte da una certezza: il regno è dono di Dio, «tu hai fatto regnare il tuo servo al posto di Davide» (v. 7). Il giovane re non si è lasciato ubriacare dal potere, mantiene il senso della realtà, che al tempo stesso gli fa percepire la propria inesperienza: «sono solo un ragazzo» (ibidem). Sa chi è Dio, sa chi è lui: una buona partenza!
La richiesta del giovane è già sapiente, e perciò trova accoglienza da parte di Dio: Salomone riceve un cuore «saggio e intelligente», e sarà per tutta la tradizione ebraica il sapiente per eccellenza, al quale tutta la riflessione sapienziale di Israele si richiamerà.
Dobbiamo saper chiedere. C’è un modo sapiente di fare richieste al Signore, che Dio esaudisce largamente. Dobbiamo domandarci: «che cosa desidero davvero dal Signore?». Dobbiamo anche darci una risposta, e deve essere chiara, precisa, e sapiente. «Ma Dio non sa già quello che mi occorre?» Certo, lui lo sa, ma il punto è proprio che non lo sappiamo noi! Non possiamo pretendere che Dio ci esaudisca se non sappiamo nemmeno quello che vogliamo, o se vogliamo cose stolte. Riceveremo tutto solo se chiediamo a Dio quello che lui desidera donarci.
«Signore, dammi un cuore che ascolta»: ecco una preghiera bella e importante. Ascoltare, prima di tutto Dio: è questa «la parte migliore» (Lc 10,42), «beati quelli che ascoltano» (Lc 11,28).
Più in generale, l’ascolto esprime un atteggiamento di umiltà che sa ridimensionare l’io, che è essenziale al discernimento. E il discernimento ci è indispensabile. Non siamo re? Abbiamo comunque delle responsabilità: genitori, educatori, svolgiamo servizi e ministeri nella comunità ecclesiale e civile, abbiamo responsabilità nei luoghi di lavoro. E poi – per la verità: prima di tutto – dobbiamo governare il suddito più difficile e indocile: noi stessi. Il battesimo ci fa re, persone che sanno gestire e far fiorire quanto il Signore ha loro affidato: mondo, persone, la propria stessa vita. Per questo è vitale avere un cuore che ascolta. Gli spazi che il tempo estivo ci regala usiamoli anche per questo.