Il metodo del servo buono e fedele

16 novembre, 33ª domenica del Tempo Ordinario. E’ il Vangelo del rendiconto, però in tutto il contesto delle letture della domenica corrente, questo nostro dovere è soprattutto un metodo di lavoro: il metodo del servo buono e fedele.

DI GIACOMO BABINI Vescovo emerito di Grosseto Vangelo: Le capacità donate alla persona.Si tratta del Vangelo della resa dei conti. Il Creatore alle sue creature, il Redentore ai suoi figli redenti, hanno affidato  dei talenti. A ciascuno talenti particolari secondo la sua vocazione e il suo compito, pertanto per un rapporto personale con il Donatore. Possono essere beni materiali, capacità spirituali, responsabilità fraterne. Sono dati alla persona non per un suo autosviluppo, ma per usarli nel campo del Signore. Il padrone se ne va e noi rimaniamo con la responsabilità far fruttare i talenti avuti. Sono talenti legati alla nostra persona, non possiamo passarli ad altri, non possiamo con essi comperare qualcosa. Ci sono stati dati perché proprio noi dobbiamo usarli per produrre qualcosa di utile. Il servo fannullone ha paura. Non si accorge che nella essenza del dono c’è il dovere di utilizzarlo al meglio. Anziché mettersi a lavorare di buona volontà, nasconde il talento sotto terra e si mette a preparare la giustificazione, per quando tornerà il padrone, cadendo in contraddizione: «Tu sei uno che mieti dove non hai seminato». Il dono oltre il suo valore interno, è una cosa viva che significa affetto e responsabilità. Dato a noi che siamo vivi, deve crescere e non lo si mette sotto terra come le cose morte. Ai servi invece che gli consegneranno anche il frutto del dono concede una incalcolabile fecondità. II Lettura: «Sempre pronti».Paolo ci avverte che non dobbiamo indugiare nel nostro agire. Perché il giorno del rendiconto è ignoto e potrebbe arrivare da un momento all’altro. Noi non viviamo nel buio, nel tempo in cui è permesso il sonno. Siamo “figli del giorno” tempo in cui si deve lavorare. Non so se questo discorso riescono ad accettarlo quegli sfaccendati che strapazzano da un locale all’altro la notte, per poi sonnecchiare tutto il giorno seguente. A volte cercano di costruirsi umanamente “pace e sicurezza” in cui si possa oziare e dormire. Ma la nostra esistenza temporale non consente queste assicurazioni. Proprio quando ci si culla nella nostra sicurezza viene d’improvviso la rovina. La pace non si concede da sé. E’ raggiungibile sulla terra soltanto se il tempo è vissuto sobriamente, come appunto il tempo operoso per cui siamo sempre pronti a tutto.

Quando ero ragazzo mi raccontavano che fu fatta questa domanda a S. Luigi Gonzaga mentre stava giocando con i suoi amici: «se ti dicessero che tra un quarto d’ora morirai, cosa faresti?» E lui rispose tranquillamente: «continuerei a giocare».

I Lettura: Esemplarità di Maria per tutta la Chiesa.

Il modello di un simile impegno ce lo mette davanti la prima lettura nella figura della donna forte. Il cristiano in questa lavoratrice modello penserà subito a Maria.

Dio le può affidare tutti i suoi beni e non gli mancheranno certo i frutti. Si è concepita come la serva di Dio ed il suo servizio non avrà pause. Dopo il sì iniziale diventa logica la sua disponibilità a tutto: alla incarnazione, alla fuga in Egitto, alla libertà assoluta del Figlio, alla croce, alla sua compagnia attenta e premurosa per gli apostoli, gli amici del Figlio, e poi al servizio della Chiesa. In mezzo a tanti peccatori essa è non si smentisce mai; è senza difetto; senza macchia né ruga. «Lodatela per il frutto delle sue mani». Ci dà una grande speranza: «Apre la sua mano al misero, stende la mano al povero».

Concludiamo con una preghiera «O Padre che affidi alle mani dell’uomo i beni della creazione e della grazia, fa che la nostra volontà moltiplichi i frutti della tua provvidenza. Rendici sempre operosi e vigilanti nell’attesa del tuo ritorno, nella speranza di sentirci chiamare servi buoni e fedeli e così entrare nella gioia del tuo regno».