La missione degli apostoli

DI GIACOMO BABINI Vescovo emerito di Grosseto12 luglio, 15ª domenica del Tempo Ordinario. Gli apostoli sono invitati a condividere la missione di Gesù. La Missione infatti appartiene alla essenza della Chiesa ed ha la sua origine in quella missione che è l’incarnazione di Gesù. La Missione della Chiesa si caratterizza per la sua comunitarietà, per la povertà, e infine, perché il missionario cristiano fa presagire con il suo stile di vita, quello che poi dirà con le parole. Vangelo: «Chiamati e provveduti»Gesù chiama i dodici apostoli perché stiano con Lui e condividano la sua missione. Non appaiono dal Vangelo criteri particolari di scelta. Perché proprio loro? Non si dice nulla in proposito. Non hanno particolari virtù o abilità per essere chiamati. Se manca qualcosa per il loro compito, questo viene aggiunto. Si aggiunge l’autorizzazione a predicare il Regno di Dio e a scacciare gli spiriti impuri. E quest’ultima facoltà è possibile soltanto se si ha lo Spirito Santo che estendendosi ricaccia indietro lo spirito maledetto.

Queste facoltà che Gesù concede non devono essere appoggiate da distintivi, assicurazioni, o equipaggiamenti: non bisaccia, non pane, non danaro, non abiti per cambiarsi, neppure una abitazione loro propria. Se non ci sarà il successo non dovrà loro importare molto: Dovranno solo tentare da un’altra parte. Dopo la Pentecoste gli apostoli si sono incamminati subito ed hanno iniziato subito a meravigliarsi che potevano ripetersi le conversioni che già avvenivano al tempo nel quale Cristo era visibilmente con loro.

I Lettura: «Chiamati e respinti»Quanto la prima lettura narra del profeta Amos è caratteristico di ogni chiamata. Amos obbedisce con generosità ed immediatezza alla chiamata ma purtroppo coloro ai quali è mandato anzichè ascoltarlo lo respingono. Egli cerca di dire che non lo fa per scelte sue personali ed esprime una chiamata assai simile a quella degli apostoli. «Non ero profeta, ne figlio di profeti». Nemmeno ho desiderato questo incarico. Semplicemente sono stato messo nella strada: «Va e parla al mio popolo».

È una chiamata di ordine radicale che non si presta nemmeno a troppe analisi. Se l’uomo non si oppone alla chiamata finirà per capirla nella obbedienza, come un dono ed una predilezione da parte di Dio. E questo stato d’animo è comune sia al profeta dell’Antico Testamento che agli apostoli che infatti nel sinedrio si presentano come inviati del Signore al quale tutti gli devono obbedienza: «Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini». Si dice abitualmente che quanto più uno è convinto della bontà di quanto diffonde, tanto più sarà fedele. Questa convinzione però deve poggiare per essere forte, più sulla chiamata di Dio che sulla scelta personale. Se non troveranno ascolto i missionari compiranno un gesto sobrio e inequivocabile: «Scuotete la polvere dai calzari…» il quale non indica minaccia o castigo, ma una cosa ancor più decisiva cioè la rottura della comunione tra l’annunciatore ed il destinatario dell’annuncio.

II Lettura: «Destinati in principio»San Paolo nella grande introduzione della lettera agli Efesini, descrive il disegno eterno della redenzione presente fin da sempre nella sapienza di Dio. Pertanto tutta la creazione è compresa in questo grande avvenimento che va oltre il tempo. I compiti sono stabiliti fino dall’eternità. Nessuno di noi esiste come singolo senza rapporti con gli altri, ma siamo correlati a tutti gli altri innumerevoli soggetti del progetto divino che consiste nella incarnazione del Figlio, nella gloria del Padre e nel sigillo che lo Spirito darà a questa opera grandiosa. Nessuno è un’isola ma tutto emerge nel grande paesaggio «della lode, della gloria, della grazia di Dio». La caratteristica comune dovrà essere quella di non gioire soltanto per le opere che riusciremo a fare nel nome del Signore, ma di più, perché i nostri nomi sono scritti in Cielo.