La fine del mondo e il ritorno del figlio dell’uomo

DI GIACOMO BABINI Vescovo emerito di Grosseto15 novembre, 33ª Domenica del Tempo ordinario. La storia umana sulla terrà finirà. Il cristiano è chiamato a costruire una società che annuncia e anticipa qualche segno del Regno futuro. Chi ha creduto a questa chiamata, al termine ormai dell’Anno Liturgico, dovrà verificare la propria fedeltà alla novità della vita. La speranza non cerca la risposta alle piccole curiosità, umane, ma è proiezione verso un futuro grandioso ed eterno, sulle orme di Cristo. I Lettura: «Molti si sveglieranno»Il Profeta Daniele è il primo degli apocalittici, cioè di coloro che parlano dello sconvolgimento totale del creato. Si riporta di lui in questa domenica un brano letterariamente molto bello. Le coordinate fondamentali che gli uomini hanno sempre visto, gli astri del firmamento e la polvere della terra si incroceranno. All’apparizione dell’Angelo di Dio gli uomini risorgeranno dalla polvere nella quale erano scomparse tutte le generazioni precedenti e i buoni risplenderanno a loro volta come le stelle, mentre i malvagi avranno una infamia eterna. Anche in lui si incrociano le linee: Estrema angoscia e protezione di Dio per il suo popolo. Non fa una descrizione particolareggiata ma vengono destate le coscienze riguardo ad un ultima decisione dell’uomo e di Dio per l’uomo. Vangelo: «Nessuno conosce quell’ora»Il Vangelo della fine del mondo è complesso. Più che la descrizione di ciò che avverrà in futuro, riporta aspetti di questo evento dei quali non vediamo l’armonia. Si annunciano catastrofi cosmiche, poi la venuta del Figlio dell’uomo per il giudizio e gli angeli che raduneranno da un capo all’altro della terra gli eletti (stranamente solo gli eletti).

Poi i segni della fine da guardare con cura, anche se la data di questa fine, dice Gesù è nota solo al Padre. L’unico cenno premonitore della fine lo potremo cogliere dal passaggio di una stagione all’altra. Quando la pianta mette le gemme vuol dire che la primavera è vicina. È vicina una stagione diversa da quella precedente perché è già connotata da segni di vita nuova, segni belli che annunciano un più vivo senso di Dio.

Nel Vangelo si parla solo degli eletti, forse per incoraggiarli di fronte alla prova. La prova riguarda questa generazione per dire ogni generazione. E tuttavia le parole del Figlio dell’uomo sopravviveranno alla caduta del creato.

Senza pretendere di mettere le cose in ordine noi dobbiamo accogliere le singole previsioni e lasciarle così come sono nel loro significato. Soprattutto le perenne imminenza della fine valida per ogni generazione. Anche queste parole sono più imperiture di noi e di tutte le generazioni. È giusto valorizzare uno stato del mondo che allude alla sua fine.

II Lettura: «Un unico sacrificio»Su la grande incertezza che domina su tutto il futuro, e che deve essere lasciata tale se l’uomo deve vigilare, c’è una unica, ma per noi non disponibile certezza e cioè che Gesù ha offerto l’unico universale sacrificio per tutti i peccati del mondo. E’ una sua azione irrepetibile. E si può parlare di una sua attesa “finchè i suoi nemici siano posti come sgabello dei suoi piedi.” Ci viene tolta ogni certezza perché si dice che questo sacrificio è per coloro che ” vengono santificati”. Per coloro che accettano su di sé questa santificazione. Abbiamo la speranza, ma non la certezza che non si addice all’uomo pellegrino sulla terra. E’ una pagina da tenere presente perché il timore di Dio è un dono dello Spirito Santo. E queste cose, del momento della scelta tra il bene ed il male sono estremamente significative. Penso alla incomprensibile leggerezza con la quale gli uomini del nostro tempo si comportano di fronte al futuro. Se avessero assimilato nel loro bagaglio mentale i «novissimi», tanto ripetuti dalla Chiesa, temerebbero il peccato, mentre si comportano come al tempo di Noè: vivevano nel vizio e non pensavano che da un momento all’altro sarebbe venuto il diluvio.