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G8: VESCOVI CHIEDONO UNA NUOVA MOBILITAZIONE PER L’AFRICA

I vescovi di Europa ed Africa chiedono ai G8, che si riuniranno dal 1 al 3 giugno ad Evian (Francia), una “nuova mobilitazione per il continente africano”: la richiesta, contenuta in una lettera firmata da mons. Joseph Homeyer, presidente della Commissione degli episcopati dell’Unione europea (Comece) e da mons. Laurent Monsengwo Pasinya, presidente del Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar (Sceam), è emersa durante il Kirchentag ecumenico in corso fino al 3 giugno a Berlino. I vescovi chiedono al G8 di “accordare un sostegno pratico al Nuovo partenariato per lo sviluppo dell’Africa (Nepad), aumentando l’aiuto della cooperazione allo sviluppo e riducendo il debito dei Paesi in via di sviluppo”. Hanno anche auspicato che il G8 “aiuti i Paesi africani a mantenere i propri obblighi, nell’ambito del Nepad, per migliorare la governabilità interna”. I vescovi hanno apprezzato l’iniziativa della presidenza francese di invitare al G8 i capi di Stato di alcuni governi africani e i responsabili di alcune organizzazioni internazionali. A loro avviso questa “sarà una tappa verso il modello necessario di un Gruppo di governo globale – proposto in un rapporto destinato ai vescovi della Comece nell’ottobre 2001 -, in modo che la globalizzazione sia una opportunità per tutti e non solo per i più ricchi”. Nella lettera i vescovi chiedono anche ai G8 e all’Ue di “superare l’attuale impasse nelle negoziazioni in seno all’Organizzazione mondiale del commercio riguardo ai temi del commercio agricolo e dell’accesso ai farmaci, questioni di scottante urgenza per l’Africa”. “Questo – affermano – sarebbe un segno della loro determinazione a costruire un migliore sistema di governo mondiale basato sulla giustizia e sulla solidarietà”. I vescovi hanno anche auspicato che si svolga “nel momento appropriato” il vertice Africa-Europa previsto in aprile ma poi annullato per la situazione in Zimbabwe. Mons. Monsengwo ha infine descritto la crisi attuale in Congo, nella zona di Ituri, chiedendo alla comunità internazionale e all’Ue di “fare tutto ciò che è in loro potere per prevenire l’intensificarsi della violenza ed evitare il rischio di un genocidio”.Sir