Beati i poveri

Sesta domenica del Tempo ordinario. Letture: Ger 17,5-8; 1Cor 15,12.16-20; Lc 6,17.20-26di GIANCARLO BRUNIEremo delle Stinche – Panzano in Chianti

1. Il seguire Gesù oggi ci porta in un «luogo pianeggiante» ove egli tiene il «Discorso dei campi», in Matteo il «Discorso della montagna». Discorso che anche in Luca è un insieme antologico di detti sparsi di Gesù rivisitati dalle comunità e redatti in due tradizioni, quelle di Luca e Matteo; discorso a cui le Beatitudini sono portale e conclusione, lo introducono e nel contempo rivelano la scelta di Gesù di essere con e per il povero, egli stesso apparso in forma di Povero (2Cor 8,9). Un essere che gli fa dire: «Beati voi, poveri, perché vostro è il regno dei cieli», voi affamati, piangenti e perseguitati.

2. Voi, persone concrete nella vostra condizione reale e non l’astrazione della povertà, beati non a motivo della vostra situazione di alienazione, ma in ragione del fatto che la regalità di Dio si è fatta in Gesù l’«oggi» della vostra liberazione nella triplice forma della «visione» (Lc 6,20) che vi costituisce i veduti da Dio, della «compassione» (Lc 10,33) che vi costituisce gli amati da Dio, e della «cura» (Lc 10,34) che vi costituisce i custoditi da Dio. Questo il perché di una felicità che attinge l’affamato, il malato, il morente, l’ignorante, il peccatore e il perseguitato, il cui oggi è passaggio dal pianto al riso perché un Dio in Cristo si è fatto vicino come moltiplicazione del pane (Lc 9,10), guarigione (Lc 7,21-22), paradiso (Lc 23,43), insegnamento (Lc 5,3; 10,21-23) e conversione (Lc 15).

L’allegrezza del povero sta nel capovolgimento della sua situazione operata dalla «via regale» di chi amandolo lo vede prendendosene cura. Solo chi ama vede e provvede, e Dio in Cristo lo è al punto da introdurre in un futuro di gioia eterna, il «regno di Dio», chi nella vita ha solo conosciuto miseria, vedi il povero Lazzaro (Lc 16,10-31), e persecuzione a causa del suo condividere la passione di Cristo per il povero (Lc 6,22-23). Dio raccoglie e ricompone in bellezza quanti la noncuranza, l’ignoranza e la cattiveria umana ha scartato e violato, il suo scendere a vantaggio del povero ne investe l’oggi dandogli respiro (Mt 11,28-30) e il domani dandogli il futuro (Lc 6,20.23) nel sorriso (Lc 6,21).

3. Che ne è del ricco? La risposta complessiva di Gesù è esemplificata nelle figure di Zaccheo (Lc 19,1-10) e del notabile (Lc 18,18-23). Nel primo il «guai» viene tramutato in «beato» a motivo del passaggio dalla logica della capitalizzazione per sé alla condivisione con il povero; nel secondo si prolunga in «tristezza» per non aver compreso che non vi è bene maggiore e felicità più grande che condividere con un amico di nome Gesù la sua passione di essere-bene intenti al bene-essere dei carenti dalle molte forme che incontriamo nelle strade della vita. I ripiegati su di sé e sulla libidine dell’avere non generano novità, intristiti e paurosi non aprono futuro e per questo non hanno futuro.