Il pastore che ci guida verso la vita
1. L’interrogativo dei Giudei: «Tu chi sei?» (Gv 8,25), è il nostro e nella risposta giovannea riassunta nell’intero capitolo 10 sta la nostra.
Gesù il risorto è per noi porta-pastore-tempio, aspetto quest’ultimo suggerito dal fatto che la pericope evangelica si situa nella festa della Dedicazione o purificazione del tempio avvenuta nel 164 a.C. da parte di Giuda Maccabeo a seguito della profanazione di Antico Epifane.
Domanda e risposta decisive per la comunità dei discepoli chiamata a rendere ragione a sé stessa e al mondo del significato di Gesù per la propria esistenza.
2. Gesù è orientamento, questo indica la metafora del pastore sottesa ai versetti del vangelo odierno. È il pastore che «conduce fuori» (Gv 10,3), che «cammina davanti» (Gv 10,4) e che «guida» (Gv 10,16). Dove? Al pascolo (Gv 10,9) della vita: «Io do loro la vita eterna» (Gv 10,28), straripante: «Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Gv 10,10). Una prospettiva meravigliosamente riassunta nell’Apocalisse: «L’Agnello sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita. E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi» (Ap 7,17). E l’acqua donata che fa fiorire il deserto della vita si chiama «conoscenza», «amore» e «eternità»: «Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo» (Gv 17,3); «Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte» (1Gv 3,14); «Io sono la resurrezione e la vita chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno» (Gv 11,25-26). Siamo al cuore dell’esperienza cristiana: un Tu di nome Gesù che, agnello, ha amato fino a farsi sgozzare, risorto ritorna come pastore a guidare i disorientati nella vita al paese della vita il cui nome è consapevolezza di un Dio che ama – che invia ad amare – che ama per sempre. Questa è la bussola interiore che orienta il cammino nel giorno buono e nel giorno meno buono, da errabondi e spaesati a orientati (1Pt 2,25).
Ma perché lo ha fatto e continua a farlo? Solo per amore, e ama chi conosce per nome (Gv 10,3.14.27), chi dà la propria vita per gli amati (Gv 10,17) e chi custodisce le sue pecore: «Nessuno le strapperà dalla mia mano dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola» (Gv 10,27-30). L’orientatore per amore è il custode per amore e ciò significa cadere in buone mani.
3. A questo punto non resta che capovolgere la domanda: «Noi chi siamo?» e rispondervi alla luce del «Tu chi sei?», concludendo che noi siamo dei cercati, dei guardati bene, dei conosciuti per nome, degli orientati e dei custoditi dal Padre in Gesù pastore. Infine chiamati, nello stupore che sa dire grazie, all’«ascolto» e alla «sequela»: «Le mie pecore ascoltano la mia voce ed esse mi seguono» (Gv 10,27). Davvero: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna» (Gv 6,68), Tu l’amico che dal paese della morte, idolatria – odio- nulla eterno, ci conduci alla città del sole, Dio – amore – vita eterna. Voce che l’udito attendeva da millenni, orientamento da sempre atteso dai piedi dell’uomo e mani custodi da troppo tempo invocate.