Il mistero dell’Ascensione
1. «Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo e vado al Padre» (Gv 16,28). La parabola di Gesù è posta: dal seno del Padre (Gv 1,1) al mondo (Gv 1,14) attraverso il grembo vergine di una donna (Lc 1,26-38), e dal mondo alla destra del Padre (At 2,33) attraverso la tomba intatta di un sepolcro (Lc 23,53). Una parabola densa di inediti messaggi: se la discesa o natale alla terra o incarnazione ha significato l’umanizzazione del divino, la segreta nostalgia di Dio di divenire uomo, l’ascesa o natale al cielo o ascensione ha significato la divinizzazione per sempre dell’umano, il sogno nascosto dell’uomo di divenire Dio. L’umano, con il Risorto asceso in Dio, è assunto in maniera definitiva nel divino. Natale e ascensione vanno dunque lette insieme sottolineando con forza che nell’itinerario di Gesù è dato contemplare quello del mondo, dell’umanità, della Chiesa e di ciascuno. Da Dio è la nostra nascita alla terra e da Dio è la nostra nascita al cielo adempiuto sulle orme di Gesù il compito ricevuto (Gv 17,4), e questo in forza del Soffio del Padre che invia in basso e solleva in alto. L’ascensione di Gesù ci riguarda dunque da vicino, evoca la nostra assunzione nel mondo di Dio, un essere portati in alto di cui la Vergine assunta è icona purissima. Misteri che domandano taciturna contemplazione.
2. Mistero, questo della ascensione di Gesù, che il Vangelo di Luca narra con estrema sobrietà, quattro versetti (Lc 24,50-53). Il versetto 50 inizia con un «poi» che collega temporalmente quanto sta avvenendo a «Il primo giorno della settimana» (Lc 24,1), il giorno delle apparizioni. Ascensione dunque come momento terminale del manifestarsi del Risorto ai suoi, essa è nell’ordine delle apparizioni pasquali, e come declinazione della resurrezione, essa è ascensione alla destra di Dio in virtù della destra di Dio (At 2,33). Da parte sua il riferimento spaziale: «Poi li condusse fuori verso Betania», verso il «Monte degli Ulivi» (At 1,12), permette a Luca di chiudere un cerchio: da lì era iniziata la rivelazione di Gesù come Cristo crocifisso (Lc 24,44-46) e lì si conclude la rivelazione di Gesù come Cristo asceso (Lc 24,51) con l’intermezzo della risurrezione (Lc 24,2.6.46). Dal trono della croce alla intronizzazione presso Dio attraverso la tomba vuota. Il versetto 51: «Si staccò da loro e veniva portato su, in cielo», mentre da un lato sottolinea una separazione che rende inutile e sterile lo «stare a guardare in cielo» (At 1,11), l’oggetto del proprio amore è andato oltre, d’altro lato narra questo suo staccarsi in termini apocalittici. Il suo «essere portato su», verso il cielo, equivale a «Dio ha rapito a sé il Figlio», la sua mano l’ha strappato dai «dolori e dal potere della morte» (At 2,24), lo ha avvicinato a sé e lo ha «costituito Messia e Signore» (At 2,36).
3. Una visione, questa di Luca, affascinante: quel giusto crocifisso (Lc 23,47) rivelatore del volto amico di Dio verso ogni smarrito (Lc 15) è il Signore a cui «prostrarsi», versetto 52, che dal cielo continua a espandere i grandi doni messianici del perdono (Lc 24,47), dello Spirito (Lc 24,49; At 1,8) e del paradiso (Lc 23,43). La sua ascensione-distacco è motivo di «grande gioia» (Lc 24,52) perché il rapito continua a discendere tra i suoi e nel cuore dei suoi attraverso il suo Spirito che dà avvio al tempo della «testimonianza» della Chiesa (Lc 24,48; At 1,8). Quale testimonianza? Quella della «benedizione» (Lc 24,50-51), cioè dell’ultimo e mai concluso gesto di Gesù verso i suoi e in loro verso ogni mondo.
Di ciascuno e di tutti Dio dice-bene e a ciascuno e a tutti Dio fa-il-bene. La maledizione non gli appartiene, di questo siamo testimoni. Tutto era iniziato nel Tempio con l’annuncio a Zaccaria, tutto si conclude con gli Undici nel Tempio che lodano Dio. E in loro noi nelle nostre assemblee iniziati al linguaggio proprio della Chiesa: la lode a Dio, l’adorazione di Gesù il Signore e la testimonianza che l’uomo è sotto il cielo della benedizione, amato fino alla croce, alla tomba vuota e all’assunzione nel mondo di Dio. Motivi di gioia e oggetto del nostro racconto nella compagnia degli uomini.