Santissimo Corpo e Sangue di Cristo
1. «Al loro ritorno, gli apostoli raccontarono a Gesù .Allora li prese con sé e si ritirò in disparte, verso una città chiamata Betsaida. Ma le folle vennero a saperlo e lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlare loro del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure» ( Lc, 9,10-11).
Noi siamo queste folle accolte da Gesù e bisognose della cura di Gesù: la nostra ignoranza della sua parola, la nostra malattia della sua guarigione e la nostra fame del suo pane. Oggi è il giorno dell’incontro tra il nostro corpo e la nostra mente che invocano cure e la cura di Dio resa visibile nel corpo di Gesù. Corpi pertanto da leggersi come sacramento della verità dell’uomo, essere-nel-bisogno, e della verità di Dio in Cristo, essere-cura-al-bisognoso. Come sta scritto: «Un corpo mi hai preparato allora ho detto: Ecco io vengo per fare, o Dio, la tua volontà» (Eb 10, 5-17), la premura concreta verso il povero mondo.
2. Una premura, sottolinea il vangelo odierno, attenta a non congedare una folla in difficoltà di cibo (Lc 9, 12-13). Dio in Gesù non manda mai via nessuno, alla stessa maniera che non costringe nessuno alla sua compagnia (Gv, 6,67). E altresì una premura attenta a coinvolgere: “Voi stessi date loro da mangiare” (Lc 9,13). Il poco condiviso in obbedienza alla logica del dono diviene abbondanza al punto da saziare la fame di molti, fino all’avanzo per altre mani tese e bocche aperte. Frutto della condivisione è la moltiplicazione. Un insegnamento che Gesù visibilizza traducendolo in gesto: prese i cinque pani e i due pesci – alzò gli occhi al cielo – benedisse – spezzò – diede ai discepoli perché distribuissero. A volte dire che il pane e il pesce, e altro ancora, è dono di Dio di cui ringraziare e da moltiplicarsi attraverso la via della condivisione e della distribuzione. Dio in Cristo si prende cura della fame dell’uomo e i discepoli, ma in verità ogni uomo (Mt 25,31-46), devono leggersi come il tramite del dono del pane da parte di Dio in Cristo.
3. Un dare pane che diventa il darsi del pane. La stessa gestualità la ritroviamo infatti nell’Ultima Cena, ma con una variante decisiva: «Questo è il mio corpo che è dato per voi questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che è versato per voi» (Lc 22,19-20). E i due di Emmaus «l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane» (Lc 24,35). Il Dio che in Gesù dà il pane è il Dio che nel corpo e nel sangue di Gesù si fa pane, vita e alleanza amica ad ogni affamato di cibo, di senso alla vita e di vita eterna. A Dio non basta dare cose buone ma dare la cosa buona, sé stesso spezzandosi per l’uomo e offrendosi in pasto all’uomo per amore dell’uomo. Questo raccontano il corpo e il sangue di Gesù, e di Dio noi non sappiamo altro che quello che è dato contemplare in quel corpo, suo luogo rivelativo. E lo stesso dell’uomo. Quel corpo spezzato e dato in pasto è l’immagine compiuta di Dio e del’uomo (Gv 19,30). Vero e felice è l’uomo che sospinto dallo Spirito del Risorto ogni giorno si affaccia alla vita dicendo: «questo è il mio corpo spezzato per voi dato liberamente in pasto a voi», libero e gioioso servo delle fami dell’uomo.