Riunire insieme Marta e Maria

18 luglio, 16ª domenica del Tempo ordinario. Letture: Gen 18,1-10a; Col 1,24-28; Lc 10,38-42«Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta»di GIANCARLO BRUNIEremo delle Stinche – Panzano in Chianti

1. Il viaggio di Gesù verso Gerusalemme: «Mentre erano in cammino» (Lc 10,38), è nel caso intercalato da una pausa umanissima, l’essere accolto in casa di Marta e di Maria in un villaggio di nome Betania che significa «casa del povero». Lì il Figlio dell’uomo ha dove posare il capo, anche se per un attimo, lì il povero è accolto da poveri di «cultura dei recinti», di ricchi di porte aperte e di cuore amico. E quella casa di quel villaggio diventa l’icona dell’essere Chiesa nei villaggi umani, il luogo dell’ospitalità di un itinerante di nome Gesù il Signore, luogo del suo riposo e della sua consolazione. Lì c’è perché lì lo si è fatto entrare attenti al suo bussare, felici del suo passare e del suo sostare a cena (Ap 3,20). Chiesa dunque, e dicendo Chiesa diciamo persone – famiglie – monasteri – gruppi – parrocchie, come porzione di umanità in cui Cristo è stato esplicitamente accolto come in casa sua. Senza, ovviamente, presunzioni di esclusiva.

2. Una accoglienza in cui l’accolto, e ciò in sintonia con lo statuto della ospitalità, è posto al centro della casa e dell’attenzione divenendo orecchio al suo parlare e cibo al suo dover mangiare. Compito, quello dell’udire, adempiuto bene da Maria che assurge a modello della Chiesa dell’ascolto nel suo sì al messaggero di buone notizie e nel suo sì alla giusta collazione dinanzi a lui. Maria sta accovacciata ai piedi dell’ospite a segno di un atteggiamento discepolare tutto teso all’ascolto, ove «mettersi ai piedi» di qualcuno equivale a riconoscersi suo discepolo, come Paolo ai piedi di Gamaliele (At 22,3). È il portamento dell’allievo iniziato all’accoglienza docile e diuturna della parola del suo Signore (Is 50,4). Tema caro a Luca (Lc 6,40-49; 8,21) che individua in un’altra Maria, la madre di Gesù, il prototipo dell’ascoltare bene: udire, conservare nel cuore, meditare attendendo sempre ulteriori illuminazioni (Lc 2,19), magnificare (Lc 1,46 s) e mettere in pratica (Lc 1,38). Le due Marie diventano così chiave di lettura del mistero e del dover essere della Chiesa: nella città degli uomini casa dell’ospitalità del Signore e casa ove la parola del Signore è ascoltata, accolta, cantata e vissuta. Questo è ciò che istituisce e costituisce la Chiesa che si legge in Maria di Betania: «… di una sola cosa c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore che non le sarà tolta» (Lc 10,42). Ha scelto cioè la via migliore per arrivare a Gesù e al suo messaggio, quella in cui armonicamente si intrecciano orecchio, la parola ascoltata, cuore, la parola accolta in profondità, bocca, la parola pregata, e ovviamente piedi, la parola praticata.

Il servizio non è escluso ma va collocato in un ordine che domanda di non essere stravolto nei suoi passaggi e nei suoi tempi: in una esperienza cristiana equilibrata in principio vi è l’ascolto, nel mezzo la preghiera di ringraziamento, di lode e di invocazione come risposta all’ascolto, e a conclusione il servizio come prolungamento nella storia della parola udita e celebrata. È ciò che non ha ancora compreso Marta definita «distolta», «affannata» e «risentita». Il «molteplice», la preoccupazione cioè dei molti servizi, sganciato dall’«uno», la sola cosa di cui c’è bisogno, genera l’illusione di un attivismo a favore di Gesù che di fatto distrae da lui, non c’è tempo per la sua compagnia, e dalla sua parola, non c’è tempo per il suo ascolto, che soli possono far nascere una tipologia e una modalità del servizio secondo Gesù.

3. Luca verosimilmente ha davanti a sé una situazione ecclesiale alle prese con il rapporto mensa della parola – mensa dei poveri (At 6,1-6), e propone una soluzione sempre attuale attenta a sottolineare che la vera questione non verte sulla relazione contemplazione-azione ma sulla relazione contemplazione-distrazione. Buona, tranquilla e gioiosa è l’occupazione-attività generata e orientata dal metro di misura della parola ascoltata e celebrata. Questo dice contemplazione. Agitata e risentita è l’occupazione-attività che scissa dal suo metro di misura degenera in preoccupazione-attivismo che non conducono da nessuna parte. Questo dice distrazione, e questo ricorda Maria a Marta. Dall’insieme del racconto si tratta di capirsi al contempo e senza indebite scissioni come casa dell’ospitalità, dell’ascolto, della lode del Signore e del servizio al Signore. Un «andare» ad annunciare, testimoniare e servire il povero che sia figlio dell’«ascoltare», ricomponendo in unità Marta e Maria, Maria e Marta.