C’è un futuro per la fede?

XXIX Domenica del Tempo ordinario. Letture: Es 17,8-13;  2Tm 3,14-4,2;  Lc 18,1-8. «Il giudice e la vedova insistente»di GIANCARLO BRUNIEremo delle Stinche – Panzano in Chianti

1.  La pagina evangelica conclude la «piccola apocalisse lucana» iniziata in 17,20: «I farisei gli domandarono: “Quando verrà il regno di Dio?”» e ripresa in 17,22: «Verranno giorni in cui desidererete vedere anche uno solo dei giorni del Figlio dell’uomo». È in questo orizzonte di attesa del Regno e del Signore risorto che il brano va letto, il contesto di desiderio della venuta del Risorto e in lui del Regno dell’amore, della luce e della vita. Desiderio che a causa del dilazionarsi del suo compiersi, unitamente alle tribolazioni a causa del Vangelo, tendeva ad attutirsi e la fede a diminuire. È dunque a una Chiesa, gli «eletti» (Lc 18,7), delusa, provata e stanca che viene rivolta questa singolare parabola, indice della maestria redazionale di Luca che affonda in insegnamenti antichi di Gesù convertendoli in parole del Risorto per la sua Chiesa contemporanea.

2.   La domanda è: che fare nel tempo della prova e della crisi quando lo «sposo» è tolto e la Chiesa si sente «vedova»? Quando la promessa di «nuovi cieli e una terra nuova, nei quali abita la giustizia» (2Pt 3,13), è contraddetta dal dilagare dell’ingiustizia? Quando l’attesa del nuovo, sognato come imminente, sembra allontanarsi dall’orizzonte? Il primo che fare, ci dice il Vangelo, è «pregare sempre, senza stancarsi mai» (Lc 18,1), il che non significa dire in continuazione preghiere quanto piuttosto dare continuità nel profondo del cuore al rapporto con il Signore. Preghiera infatti è un termine che designa la relazione dialogica tra un Tu che parla e un tu che risponde, un rapporto i cui frutti sono illuminazione e forza per attraversare con sapienza e per affrontare con coraggio le situazioni della vita. Nella tribolazione variamente motivata l’unica «cosa necessaria da mai trascurare» (Lc 18,1) è il tu a tu personale e comunitario con il proprio Signore fatto di ascolto ringraziato. Il secondo che fare è una specificazione del primo. La preghiera infatti non solo dice relazione ma altresì è indice del modularsi di essa. Una declinazione tra i cui capitoli vi è quello, da parte degli «eletti», del grido – urlo esemplificato dalla vedova della parabola: «Gridare giorno e notte verso di lui» (Lc 18,7). Grido indice di un no al così stanno le cose, di desiderio della presenza dello Sposo e del suo mondo e di rimprovero a Colui che tarda a venire: dove sei mentre noi siamo sotto pressione, dov’è la tua promessa di un mondo nuovo? La nostra fiducia in te e nella tua promessa vacilla, perché non agisci? (Sal 44,23; Zc 1,12). Tale urlo ininterrotto è gradito al Signore, grida cose vere, e fa dire al Risorto: se persino un giudice iniquo si decide a fare giustizia a una povera vedova che lo ha importunato fino a rompergli la testa, immaginatevi che cosa non fa per gli eletti il loro Signore: «Farà loro giustizia prontamente» senza farli aspettare (Lc 18,7-8). A voler dire: al vostro «Vieni» (1Cor 16,22; Ap 22,17) io rispondo: «Si, vengo presto» (Ap 22,20) a porgervi «gratuitamente l’acqua della vita» (Ap 22,17), me stesso, la mia parola, il mio Spirito (Lc 24,13-32; 11,13). Una presenza sacramentale, nel nascondimento cioè di una pagina e di un pane, che rende lucidi e saldi nella prova e creativi al punto da dare avvio a un mondo nuovo secondo il Vangelo. Inizio che perverrà al suo compimento nel giorno noto a Dio, un futuro ultimo che il desiderio tradotto in preghiera: «Vieni – venga il tuo Regno», affretta.

3.  «Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» (Lc 18,8). La domanda riguarda ciascuno personalmente e ciascuna Chiesa: il Signore al suo ritorno troverà cristiani vedovi del desiderio di lui e del suo mondo, o cristiani oranti? Dediti cioè alla sua compagnia in un ascolto ringraziato e vissuto e in una paziente attesa di vedere la Parola nascosta nella pagina, l’Amore nascosto nel pane e i cieli nuovi e una nuova terra nascosti nelle oasi evangeliche che tappezzano questo mondo. Il presente e il futuro della fede dipende da noi. Si tratta di non spegnere mai il desiderio di lui e della sua promessa, sempre invocati, desiderio sempre esaudito, ora sotto il velo dei segni allora facciale: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).