Zaccheo e l’oggi della salvezza
1. Non tutti gli incontri si equivalgono, alcuni sono particolarmente desiderati, cercati e voluti perché nitida è la percezione che da essi dipende la nascita al divenire semplicemente ciò che dovremmo essere, la nostra verità in cui sta il senso e la gioia di esistere. Ciascuno è felice quando è sé stesso, quando, biblicamente, coincide con il proprio nome. Zaccheo è l’esemplificazione di tutto questo, è desiderio di divenire il proprio nome, Zakkay significa infatti «il puro, il giusto», lui l’impuro, l’ingiusto, il peccatore (Lc 19,7) pubblico e disprezzato in quanto «capo dei pubblicani, gli esattori delle tasse, e ricco» (Lc 19,2), in una città doganale di nome Gerico. Un ingiusto incendiato dal fuoco della diversità e ricco di fiuto nel non volere sprecare l’occasione dell’incontro con chi la può rendere possibile, con chi la può tramutare in «oggi». Quel Gesù che sembra entrato nella città di Gerico (Lc 19,1) soprattutto per entrare in casa sua: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua» (Lc 19,5), in un faccia a faccia tra il desiderio di essere salvato e il dovere di arrecare salvezza.
2. Siamo al cospetto di un incontro – evento, a un «momento favorevole, all’ora del giorno della salvezza» (2Cor 6,2). Minuziosamente descritto. Zaccheo «cerca di vedere Gesù» (Lc 19,3), «corre avanti» (Lc 19,4) perché la folla glielo impediva essendo egli «piccolo di statura» (Lc 19,3), «sale su un sicomoro» (Lc 19,4) perché Gesù doveva passare di lì, quindi «scende in fretta e lo accoglie pieno di gioia» (Lc 19,6). Una descrizione condita di umorismo: Zaccheo pubblico, notorio, attento alla propria immagine, ai propri passi e alle debite distanze diviene un fanciullo che non teme di esporsi al ridicolo spintonando tra la folla e salendo su un albero. Ciò accade quando le ragioni del cuore hanno il sopravvento, quando ciò che conta, il desiderio di divenire la propria verità denuda di tutto il resto. Compresa l’onorabilità: «In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come l’accoglie un bambino, non entrerà in esso» (Lc 18,27).
Zaccheo è l’esempio del come non rimanere ciechi al passare di Gesù: fare del desiderio di vederlo e di accoglierlo in casa propria l’unica ragione che veramente conta, oltre ogni se e ma Per scoprire di essere visto da chi tanto hai voluto vedere: «Gesù alzò lo sguardo e gli disse» (Lc 19,5), e di essere accolto da chi tanto hai bramato di accogliere: «oggi devo fermarmi a casa tua» (Lc 19,5). Il sogno di Dio di incontrare in Gesù quell’uomo di nome Zaccheo non è vanificato dalla speranza di Zaccheo di essere incontrato, fino ad apparire ridicolo cosa assai meno sopportabile che l’essere disprezzato.
Il resto è conseguenza: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto» (Lc 19,10). Per Zaccheo e per tutti vi è un oggi di salvezza quando il mai arreso inseguimento di essa è incontrato e baciato dal venuto da lontano a restituire gli spaesati e gli stranieri a sé stessi. E nascono biografie personali, comunitarie e umane diverse, un novum sotto il sole. E l’oggi di Zaccheo è l’oggi del ladrone in croce: «Oggi con me sarai nel paradiso» (Lc 23,43), è l’oggi di quanti ascoltano la sua parola di «mandato a portare ai poveri il lieto annuncio» (Lc 4,18): «Oggi si è compiuta questa scrittura che voi avete ascoltato» (Lc 4,21). È l’oggi permanente di Dio in Gesù: «Vi annuncio una grande gioia… oggi… è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore» (Lc 2,11). Il Padre nel Figlio giorno dopo giorno continua a nascere, ad attraversare villaggi umani e a volgere lo sguardo sugli inquieti, sugli insoddisfatti di una vita perduta e senza senso che ne attendono con gioia il passaggio e la compagnia finalmente rinati: retti nel loro lavoro e menti, cuori e mani aperte. Un oggi attualissimo: giorno dopo giorno si fa vicino come Parola nella Scrittura per fare della nostra esistenza una buona notizia ai cercatori di diversità.