I figli della Risurrezione

32ª Domenica del Tempo ordinario. Letture: 2Mc 7,1-2.9-14; 2Ts 2,16-3,5; Lc 20,27-38. «Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui»di GIANCARLO BRUNIEremo delle Stinche – Panzano in Chianti

1. Gerusalemme è la meta conclusiva del viaggio di Gesù: «perché non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme» (Lc 13,33). Ed è in questa città, luogo di appuntamento di Dio con Israele e le nazioni,che Gesù pone la scure alla radice delle grandi questioni umane: il tempio, la politica, il futuro del mondo e,appunto,la risurrezione dei morti. Problema che opponeva tra di loro sadducei e farisei: «i sadducei infatti affermano che non c’è risurrezione, né angeli,né spiriti; i farisei invece professano tutte queste cose» (At 23,8).

E sono proprio i sadducei, casta sacerdotale che fanno derivare il loro nome da Zadoc sommo sacerdote rivale di Abiatar (2 Sam 8,17; 1Re 1,8),che si avvicinano a Gesù con una domanda che tecnicamente è un borut, una volgarità, una presa in giro della posizione farisaica. Un caso limite che si ricollega a una libera interpretazione della legge del levirato (Dt 25,5-6), tra l’altro non più in uso al tempo di Gesù. Ciò che merita di essere sottolineato è la ragione del loro negare la risurrezione: la Torà , dicono, non ne parla e solo la Legge è per essi autorità vincolante. Non lo sono i profeti o i sapienti che invece ne parlano (Is 25,8; 26,19; Dn12,1-3; Sap 3,1-3;Sal 16,10; 73,23-26; 2Mc 7,14).

2.  Gesù accoglie la provocazione  e risponde in due momenti. Innanzitutto (Lc 20,34-36) egli distingue nettamente «questo mondo» dall’«altro mondo», i «figli di questo mondo» e i «figli della risurrezione». Gli uni prendono moglie e marito e sono soggetti alla morte, gli altri non prendono moglie né marito e «nemmeno possono più morire… essendo figli della risurrezione… figli di Dio», il quale è l’eterno e il vivente. L’altro mondo non va dunque inteso come un prolungamento indefinito di questo,vi è certo una continuità  ma nella discontinuità. L’articolo di fede: «credo la risurrezione della carne» vuol dire fiducia nella risurrezione dell’«uomo carnale»,vale a dire fragile, terrestre e corruttibile in «uomo spirituale», vale a dire glorioso, celeste e incorruttibile (1Cor 15,35s) a similitudine di Gesù, «il quale trasfigurerà questo nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso» (Fil 3,21). Gesù riprende temi dell’apocalittica giudaica e della dottrina farisaica ove si parla di risorti paragonabili alle stelle e simili agli angeli nel loro non procreare perché nel mondo che viene è Dio nella sua potenza a garantire vita e vita eterna: «Tu sei potente in eterno,Signore, fai rivivere i morti,sei grande nel salvare». Così la seconda delle Diciotto benedizioni quotidiane.

Ed eccoci introdotti alla seconda parte della risposta di Gesù, tesa a dimostrare che tutta la Scrittura testimonia la risurrezione dai morti ad opera della forza di un Dio che non limita la sua amicizia-alleanza al tempo presente, essa è eterna. Ne è prova Esodo 3,6 là ove è scritto : «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe. Dio non è il Dio dei morti, ma dei vivi; perché tutti vivono per lui» (Lc 20,37-38). Dio è, dice Gesù, al presente in rapporto con i suoi amici e i suoi amici con lui, cosa impossibile se fossero morti per sempre. Pensiamo a Mosè e a Elia che parlano con Gesù sul monte della trasfigurazione (Lc 9,28s). Pertanto, come già insegnava il rabbinismo, «non vi è pericope nella Legge in cui non ci sia la risurrezione dei morti. Il fatto è che non abbiamo in noi la forza di manifestarlo  con il commento».

3. Un messaggio sempre attuale che chiama a leggere il cammino umano come un viaggio-passaggio dalla morte alla vita.Dalla morte della non conoscenza di Dio alla risurrezione della conoscenza di lui (Gv 17,3) come Dio amante della vita; dalla morte di una esistenza nell’odio alla risurrezione di un esserci  nell’amore (1Gv 3,14), e dalla morte biologica alla risurrezione dell’io, del noi e del tutto in un corpo di luce, amati  bene per sempre – capaci di amare bene per sempre. Senza dimenticare che «giudicati degni dell’altro mondo e della risurrezione dai morti» (Lc 20,35) sono coloro che già nel qui e ora della storia vivono da risorti: amando e, se  credenti, pregando.