Risuscitare la speranza
1. Avvento è risuscitare la speranza di un mondo diverso liberandone il desiderio e la volontà, non acriticamente appiattiti sulle promesse del mercato globale e sulle innovazioni scientifico-tecniche. Al contrario aperti ad eventi e messaggi insospettati in grado di aprire la mente, di scaldare il cuore e di suscitare decisioni per stili di esistenza diversi e per convivenze sempre più umane. Una novità reale e non astratta, mai pienamente raggiunta, sempre in cammino verso il suo oltre. Tra questi eventi e messaggi vi è la figura del Battista, assolutamente centrale nel tempo di Avvento. Egli è la voce che introduce la Parola, è l’austerità che introduce la Convivialità, è la severità e l’imminenza del giudizio che introduce la Misericordia, è il discepolo del Maestro che prepara nel deserto la via al Veniente, quella della conversione significata dal battesimo di acqua preliminare al battesimo di Spirito.
2. Il Vangelo ama sottolineare la singolarità di questa figura a cominciare dal precisarne il quando: «In quei giorni» (Mt 3,1), espressione che nel vocabolario biblico indica sempre il futuro, nel nostro caso l’inizio degli ultimi tempi contraddistinto da una apparizione: «Venne Giovanni il Battista»(Mt 3,1), più precisamente «Appare», un «presente storico che imprime al racconto una nota di contemporaneità di un evento che è tutt’ora in corso di svolgimento» (A. Mello). Giovanni sta sulla soglia dell’ «in principio» dell’ultima fase della storia, una testimonianza sempre attuale accompagnata da un messaggio il cui nucleo sta nell’annuncio dell’urgenza della conversione: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino» (Mt 3,2), lo stesso annuncio di Gesù (Mt 4,17). A questo sono chiamati Gerusalemme, la Giudea, la zona lungo il Giordano (Mt, 3,5) e specificatamente Farisei e Sadducei (Mt, 3,7), a una conversione cioè che comporta simultaneamente riconoscimento del proprio peccato (Mt 3,6), pentimento e mutamento di pensiero, di sentimento e di condotta. Si tratta di dare avvio a quel «frutto degno di conversione» (Mt 3,8), la giustizia – la bontà – il camminare umilmente con il proprio Dio (Mi 6,8), condizione per non sprecare l’incontro con quanto sta per accadere, la venuta del Messia e con lui il giudizio rigoroso di Dio (Mt 3,12). L’annuncio è chiaro: è giunto il tempo, ed è questo, l’ultimo, che domanda decisioni radicali, ultime, in cui immergersi. Una conversione per sfuggire all’ «ira imminente» (Mt 3,7) e all’essere tagliati dalla vita (Mt 3,10), significata dal «battesimo di acqua» (Mt 3,6), evento esso stesso singolare. Il battesimo di Giovanni infatti si distingue per la sua irripetibilità, per la sua alta decisione etica (Mt 3,2.6.8.11; Lc 3,10-14) e per l’aggregazione al gruppo di quanti attendevano come prossima la venuta del Messia. Siamo così introdotti al rapporto Giovanni – Gesù, esso stesso davvero singolare. Il sottomettersi di Gesù al battesimo di Giovanni (Mt 3, 13-17) di fatto fa di lui un discepolo di Giovanni come puntualizza il detto: «Colui che viene dopo di me» (Mt 3,11), cioè «dietro a me», discepolo appunto e, al contempo, suo maestro come sottolinea il detto «Non sono degno di portargli i sandali» (Mt 3,11). Ora nel rabbinismo ciò che contraddistingue il discepolo è l’ascolto e il servizio nel confronti del maestro, e tra i servizi il togliere le scarpe. Giovanni dice dunque di «avere un discepolo di cui egli stesso è indegno di essere discepolo» (H.B. Green). Gesù è infatti «più forte» (Mt 3,11), e ciò è provato dal suo tipo di battesimo: «attraverso lo Spirito e il fuoco» (Mt 3,11), ove fuoco è un rafforzativo di Spirito a voler dire purificazione. Battesimo a cui quello per mezzo dell’acqua è premessa preliminare.
3. La lettura del Vangelo rende sempre attuali l’apparire di Giovanni e il suo appello a un esistere secondo Dio nella giustizia e nella bontà. Una ventata di novità aperta al grande evento che è il battesimo nello Spirito, il dono perfetto del Padre ad opera di Gesù il Messia per una storia della filialità nei confronti di Dio, dell’amicizia fino al dono di sé nei confronti dell’altro e dell’attesa della vittoria sulla morte. Un giorno già iniziato in cammino verso la sua ora. Questo ricorda ad ogni generazione l’avvento del Battista, profeta spigoloso sulle orme di Elia (Mt 3,4; 2Re 1,8 ss): rivestitevi dell’abito della giustizia con estrema decisione per andare incontro al portatore dello Spirito in sovrabbondanza, oltre ogni falsa sicurezza: «Abbiamo Abramo per padre» (Mt 3,9), siamo del «Signore, Signore» (Mt 7, 21-23), «Io sono di Paolo, io di Apollo, io di Cefa»(1Cor 1,12). Conversione dunque alla giustizia, alla bontà e allo Spirito come via di uscita a giorni nel non senso, nella noia e nella ristrettezza di orizzonti. Avvento è accogliere e entrare in questa dimensione divina che dischiude ad una umanizzazione sempre più piena, sino al suo punto omega, terminale; una possibilità sempre imminente per chi lo vuole, sempre capace di risuscitare speranze in una misericordia sconfinata e in una pazienza protratta che saranno motivo di crisi per Giovanni stesso. Una sorta di smentita alla sua aspettativa di un giudizio incombente sulla variegata «razza di vipere». Lungo sarà il tempo di una misericordia che sogna di convertire la vipera in amica di fanciulli che le tendono la mano (Is 11, 8).