Maria, casa e dono della Parola
1. «Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore» (Lc 2,19). Questo detto, in sintonia con la tradizione sapienziale giudaica, definisce Maria donna saggia, creatura cioè dotata di occhi e di udito discepolari: ciò che vede e ciò che ascolta è accolto in un cuore riflessivo teso a capire e proteso a illuminazioni sempre chiare nei tempi noti a Dio. Il mistero del nato da lei trasparirà anche a lei nella sua adempiuta verità «dopo tre giorni» (Lc 2,46), il giorno della resurrezione. Nel frattempo dell’oscurità (Lc 2,50 ) Maria continua a stupirsi (Lc 2,33), a pensare e ad attendere. Nessun frammento viene smarrito ma tutto conservato e ruminato in un profondo contemplativo, quello che ora le raccontano i pastori ma prima l’angelo dell’annunciazione, poi Simeone e Anna e più avanti Gesù stesso al tempio, senza dimenticare Cana e le sue perplessità sull’operato di Gesù ( Mc 3,20s ). E tutto in gioiosa e costosa fedeltà, al sì dell’annunciazione si aggiunge il sì a chiamare il partorito con il nome ricevuto dall’angelo: Gesù, che significa «Il Signore salva». E chiarezze inedite si aprono alla nostra mente in questo primo giorno dell’anno: Chiese, comunità e singoli chiamati sulle orme di Maria a divenire umanità dell’ascolto, dell’accoglienza e della mai conclusa riflessione su Gesù salvezza di Dio. E a divenire, sempre sulle orme di Maria e nel senso di un qualcosa che esiste per un altro distinto da sé, l’utero della Parola, sua casa e suo dono ai pastori e ai magi di ogni dove, icona dei viandanti alla ricerca dell’assoluto. Chiese, comunità e singoli chiamati a essere il luogo ove il «bambino» di Dio venuto a generare i «fanciulli» di Dio (Mt 18,3) può essere trovato (Lc 2,16). Un trovare che apre alla lode (Lc 2,20).
2. Esempio classico di ininterrotto ritorno su quanto visto, udito e toccato (1Gv 1,1s) è il prologo del Vangelo di Giovanni di cui riferisce la seconda domenica di Natale. Colui che ha preso carne da Maria ponendo la sua tenda tra di noi è ad occhi contemplativi illuminati dallo Spirito la Parola che da sempre riposa sul seno del Padre rivolta verso il Padre, e dal Padre inviata come Vita e Luce all’uomo che non si nega al suo riconoscimento e alla sua accoglienza. Aprire l’uscio al Verbo è essere aperti dal Verbo alla propria verità di figli di Dio resi partecipi del sogno di Dio: rapporti filiali con lui e rapporti amicali con l’altro e il creato che neppure la morte potrà interrompere. Davvero grazia su grazia, questa è vita nella luce e questo è, lo ripetiamo ancora, il senso del Natale: divenire dimora della Luce che bussa al nostro cuore per nascere a figli della luce, piccole stelle di riferimento per mendicanti di luce, la cui millenaria carovana è simboleggiata dai magi, la cui avventura è al centro della solennità dell’Epifania o manifestazione del Signore alle genti.
3. Matteo 2,1-12, un racconto insieme ricco di passaggi leggendari e di profondi contenuti, narra il viaggio di alcuni uomini, di cui non si conosce né il numero, né la provenienza (Arabia-Persia-Babilonia?) e con certezza neppure la professione, verosimilmente astrologi, verso la Luce. Un viaggio orientato da tre stelle: la ” stella del desiderio” di approdare alla luce, la quale conduce alla ” stella del segno del tempo”, che a sua volta conduce alla ” stella della parola” contenuta in quei codici di senso che sono le Scritture. Un viaggio nato nel cuore e proseguito scrutando il linguaggio delle stelle (Mt 2,1-2) sia in termini scientifici che simbolici, il creato come via che dischiude mente e cuore a frammenti di luce che domandano ulteriore luce. In particolare si riteneva allora che alla nascita di ogni uomo una stella si accendesse in cielo, con particolare fulgore per alcuni personaggi. Seguire quella stella equivaleva a essere condotti al personaggio stesso ma non senza un ulteriore passaggio. Il desiderio di venire alla luce che si affida alla natura come maestra di luce raggiunge il suo scopo quando è la Scrittura a illuminare e l’uno e l’altro (Mt 2,3-8). Non deve sfuggire ai pellegrini mendicanti di luce o senso lo stretto legame tra desiderio, lettura dei segni del tempo portatori di accolte chiarezze e parola del Libro, la grande orientatrice. A questo punto cuore, scienza, simboli e Scrittura procedono insieme da Gerusalemme a Betlemme: «Finchè la stella giunse e si fermò dove si trovava il bambino» (Mt 2,9). A questo punto ciascuno si identifichi con i magi leggendosi come creatura di domanda, di ricerca, di invocazione e di attesa di una luce che dia senso all’esistere. Un cammino, perchè no, il cui approdo può essere la casa della Luce: «Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono» (Mt 2,11). Dalla ricerca all’entrata. E in quella casa ove è presente Maria leggi la Chiesa e leggi te stesso come luogo in cui la Luce attesa e cercata dalle genti si rende manifesta in un bambino di nome Gesù che dirà di se stesso: «Io sono la luce del mondo», io il Messia atteso (oro) e crocifisso come sottolinea l’espressione «Re dei giudei» (Mt 2,2), io il Dio atteso (incenso) e l’amante di tutti e di ciascuno fino a esserne ferito ( mirra ), io all’uomo luce su Dio e su se stesso. Ciascuno poi ritorni sui propri passi costituito lui stesso, a immagine della Chiesa, casa della Luce, sua epifania nella gioia (Mt 2,10), con cuore adorante e per vie diverse da quelle degli Erodi di turno ( Mt 2,12).
Il senso di un discorso si chiarifica: il nato da Maria è la Parola-luce donata e fatta trovare da Maria a ogni cercatore di una vita bella e buona sotto il sole, Parola-luce epifania del volto luminoso di Dio per il tutto, Parola-luce di cui la Chiesa è chiamata ad essere casa, dono e testimonianza. Questa la sua ragione d’esserci.