Il Battesimo di Gesù

Domenica 9 gennaio, Battesimo del Signore. Letture: Is 42,1-4.6-7;  At 10,34-38;  Mt 3,13-17di GIANCARLO BRUNIEremo delle Stinche – Panzano in Chianti

1. Il  battesimo ricevuto da Gesù da parte di Giovanni ha costituito per Matteo e la sua comunità una difficoltà per due ragioni. Da un lato, essendo nel sentire comune più forte colui che battezza che colui che viene battezzato, il fatto in sé poteva generare l’equivoco di un Giovanni più forte di Gesù, e non mancava chi allora lo riteneva il Messia. D’altro lato, essendo il rito di Giovanni un «battesimo di conversione per il perdono dei peccati» secondo la testimonianza di Marco 1,4, il rischio di ritenere Gesù un peccatore bisognoso di purificazione era sempre possibile. Non a caso Matteo a scanso di equivoci omette del tutto il versetto di Marco. Si tratta dunque per l’evangelista e la sua comunità giudeo-cristiana di giustificare un evento in sé problematico: perché colui che nella genealogia è stato definito Messia regale in quanto «Figlio di Davide» e nella concezione da Spirito «Dio con noi», dunque il più forte e il santo, si è sottoposto al battesimo di acqua? La risposta è contenuta nel dialogo Giovanni – Gesù che precede il battesimo stesso (Mt 3,14-15), riferito esclusivamente da Matteo.

2. Il dialogo inizia registrando una perplessità dinanzi al fatto che «Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui» (Mt 3,13). Il battezzatore infatti «voleva impedirglielo, dicendo: “Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?” (Mt 3,14). Giovanni è turbato dinanzi a questo capovolgimento di ruoli e di compiti: il più forte di lui (Mt 3,11) diventa il più debole davanti a lui e il venuto a battezzare lui in Spirito e fuoco (Mt 3,11) si sottopone al suo battesimo di acqua e ai suoi significati. Un non capire che è il riflesso di quello di Matteo e dei suoi, e che coinvolgerà anche il padre e la madre di Gesù posti tra stupore (Lc 2,18), non comprensione (Lc 2,50) e riflessione dinanzi a eventi inediti (Lc 2,19). Un non capire a cui risponde Gesù: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia. Allora egli lo lasciò fare» (Mt 3,15).

Il pensiero di Gesù è chiaro: vi è una giustizia da adempiere, da portare cioè a compimento (Mt 5,17), una «giustizia sovrabbondante» (Mt 5,20) «per ora» (Mt 3,15) non del tutto evidente  a Giovanni, e che si manifesterà sempre più nel corso della vita di Gesù e nella sua pasqua. Tale giustizia consiste nella volontà di Dio di dirsi in Gesù non come padre – padrone dell’uomo ma come servo dell’uomo (Mt 20,28) in forma mite e umile (Mt 11,29), e non come aristocratico dello spirito che dall’alto della sua perfezione si separa dal mondo dei perduti snobbandolo e giudicandolo, ma come confuso in esso accogliendone l’anelito di diversità. Solo ciò che viene assunto può essere salvato.

Il significato di un battesimo si fa chiaro: in Gesù il più grande e il primo che si fa il più piccolo e l’ultimo è Dio a porsi come  il più piccolo e l’ultimo, la giusta posizione per non intimorire nessuno e per vedere e leggere bene la realtà; e ancora in Gesù il giusto è Dio a rivelare la sua giustizia in termini di immersione nel mondo degli ingiusti per farli emergere nel mondo di ciò che è giusto, e di cui il discorso della  montagna è codice scritto. Il codice dell’aristocrazia dello Spirito. È dunque a questa giustizia, la passione d’amore per gli iniqui servo della loro liberazione, dato esemplificato nella discesa nelle acque e nella sottomissione a Giovanni, che Gesù dice sì introducendovi lo stesso precursore: «Allora egli lo lasciò fare» (Mt 3,16), e in Giovanni leggi il sì di Matteo e della sua cerchia finalmente iniziati al perché di un battesimo. Evento a cui si è sottoposto colui del quale si dice che appena uscito – salito dalle acque: «si aprirono per lui i cieli» (Mt 3,16), espressione di stampo apocalittico – rivelativo (Ez 1,1) a voler dire iniziazione a una singolare visione – illuminazione da parte di Gesù: «ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui» (Mt 3,16). A quel Tu che si apre alla compagnia di pubblicani e di prostitute Dio si apre colmandolo del suo Soffio creatore, quello dell’in principio della creazione che a mo’ di colomba,  secondo una tradizione rabbinica, aleggiava sul caos primordiale trasformandolo in mondo ordinato (Gen 1,2), Soffio che attraverso Gesù farà passare Israele e i popoli dalla sponda delle molteplici schiavitù alla riva della terra promessa, evocazione del passaggio del Giordano ad opera di Giosuè (Gs 4,1 ss). E terra promessa è l’approdo a una esistenza amante ad altezza del Dio di Gesù (Mt 5,43-48), terra che non avrà mai fine.

A questa nuova creazione è guida, e qui il suono è percepibile da tutti i presenti, colui che «una voce dal cielo» proclama «il Figlio mio, l’amato, il prediletto», la compiacenza di Dio (Mt 3,17). In questa espressione si condensano e sono portate a compimento antiche profezie, quella di Isaia 42 relativa al «Servo» del Signore che Matteo 12,18 ss. riprodurrà per intero, quella di Genesi 22,2 ove Isacco viene detto l’«unico» o il «prediletto» e quella del Salmo messianico 2,7 ove si parla di «figlio».La conclusione è scontata. Oggi attraverso la lettura – ascolto gli occhi si aprono all’identità di Gesù: egli si manifesta a Israele e all’umanità quale Figlio – servo amato in maniera unica e inviato a compiere un’opera regale: l’immergersi nella condizione umana di ombra e di morte (battesimo di acqua) per farla emergere in forza del suo Soffio a condizione di luce e di vita (battesimo di Spirito), quella dei figli amati servi dell’amore. Un messaggio, che ove accolto (Mt 3,15), costituisce i disgraziati a cui e stata fatta grazia soggetti attraverso i quali Figlio continua a farsi buona notizia a quanti buona notizia non sono. Perché lo divengano.