Chi e che cosa cerchiamo

15 gennaio 2012 – II Domenica del Tempo ordinario. Letture: 1Sam 3,3b-10.19; 1Cor 6,13c-15a.17-20; Gv 1,35-42. «Che cosa cercate?»di GIANCARLO BRUNIEremo delle Stinche – Panzano in Chianti

1. La testimonianza del Battista su Gesù, frutto di uno sguardo intenso (Gv 1,35), il vedere donato da Dio (Gv 1,33-34), si conclude con un annuncio ai suoi discepoli: Gesù è l’ «Agnello di Dio» (Gv 1,36), vale a dire il Servo sofferente (Is 52,13-53,12) e l’agnello innocente, mite e forte (Es 12,1-28; 1Cor 5,7; Ap 5,6.12) che prende su di sé, porta e toglie via il peccato del mondo. È l’inviato di Dio a coagulare su di sé in un atto di amore unico il male dell’uomo liberandone l’uomo. Un atto avvenuto una volta per sempre che permette ieri come oggi di guardare il mondo con tutto il suo male come mondo amato e perdonato da Dio nell’atto di donazione di sé dell’Innocente. Tutto ciò che esiste è per sempre posto sotto quell’atto di amore redentivo. Una testimonianza, questa del Battista, che segna al contempo il suo eclissarsi dalla scena per lasciare il posto a Gesù: «Egli deve crescere e io invece diminuire» (Gv 3,30). Infatti: « i  due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù» (Gv 1,37).  Nella tradizione giovannea i primi seguaci di Gesù provengono dalla cerchia del Battista, ove il verbo «seguire» sono sottesi due significati: fare fisicamente la stessa strada e camminare nella medesima direzione di vita.

2. Gesù consapevole di quanto sta avvenendo si rivolge ai due ponendo loro una domanda che è all’in principio di ogni vocazione: «Che cercate?» (Gv 1,38), che volete da me, che attendete da me? È questa la prima parola rivolta all’uomo dal Gesù  terreno, così come la prima parola del Gesù risorto rivolta alla Maddalena sarà: «Donna perché piangi? Chi cerchi?» (Gv 20,15). Ed è la prima parola rivolta a ciascuno nel qui e ora della lettura: in Gesù chi cerchiamo e che cosa cerchiamo? E che mai se non se stessi? L’intuizione che in lui possiamo fissare lo sguardo sulla nostra ricercata verità e sul come camminare secondo verità. Non a caso la risposta dei due, e in loro dei molti, è: «Maestro dove abiti?» (Gv 1,38), a voler dire che essi innanzitutto cercano in Gesù quello che, al pari di Nicodemo (Gv 3,2) hanno intuito di Gesù: un maestro di sapienza di cui frequentare l’abitazione, la casa della sapienza. E questo in obbedienza a una tradizione in cui il ‘cercarÈ è strettamente legato al ‘saperÈ: «Io la Sapienza … amo coloro che mi amano e quelli che mi cercano mi troveranno» (Pr 8,12.17). Un trovarsi talmente decisivo da ricordarsene persino l’ora: «erano circa le quattro del pomeriggio» (Gv 1,39). Vi sono giorni e momenti di grazia non più dimenticabili, inizi di un itinerario sapienziale aperto a orizzonti inediti che si apriranno facendo strada insieme, sostando presso di lui (Gv 1,39). Sarà proprio la continuità di una relazione a far emergere la molteplicità dei significati racchiusi nel «dove abiti», domanda che include il «dove noi abitiamo». Gesù il maestro – agnello abita nel Padre, tra di noi, con noi e in noi che abitiamo – dimoriamo – siamo in lui, nel suo amore e nella sua parola come tralci nella vite (Gv 15,1-2.4.7.9). Costituiti casa della Sapienza attraverso cui il Sapiente continua a espandere sillabe di luce sui mendicanti granelli di sale che diano sapore al vivere. Iniziati in lui, l’Inviato a portare il frutto dell’amore e l’Amato di un amore più forte della morte, alla conoscenza della propria verità di amati per amare, di inviati a raccontare chi lo rende possibile, colui che abbiamo incontrato (Gv 1,40-42).

3. A questo punto il discorso si sposta sull’uomo. Che cosa è? È un interrogativo a se stesso alla ricerca di se stesso, è invocazione e attesa di un incontro che tolga il velo alla incomprensione del sé spiegandolo a sé. E chi è il cristiano? È l’uomo mendicante luce incontrato dalla Luce (Gv 8,12), il sapiente Gesù che ha convertito in mistero il suo enigma. Come lui mandato dal Padre alla terra per fecondarla con pensieri, sentimenti, parole e gesti di bontà. Per poi, conclusa l’opera, ritornare al Padre (Gv 1,28); terra che egli sa avvolta nell’abbraccio di amore di Dio in Cristo. Una esperienza che diventa racconto. Il chi e il che cosa cerchiamo si fa chiaro: noi stessi e lui per specchiarci in lui. Nella consapevolezza che perdere lui è causa di angoscia come Maria sua madre e Giuseppe suo padre (Lc 2,48), e di lacrime come in Maria di Magdala (Gv 20,15). Per il cristiano è simultaneamente smarrire se stesso, sapendo però che lui è costitutivamente ricerca dei perduti (Lc 15).