L’appello alla sequela
1. Cristiano adulto è chi consapevolmente, liberamente e con senso critico ha fatto proprio l’atto di fede della Chiesa delle origini registrato nel Nuovo Testamento. Atto di fede in Gesù accolto come vivente principio di identificazione della verità dell’uomo, della sua origine, del suo modo di esserci, del suo approdo. Da qui l’urgenza di una conoscenza sempre più profonda di lui a cui è guida l’evangelista Marco il cui scritto, soprattutto nella prima parte (Mc 1,4-8,30), è interamente centrato sulla domanda: «Chi è Gesù?». Se lo chiedono la folla (Mc 1,27; 6,2), i discepoli (Mc 4,41) e gli avversari (Mc 6,14), e a un certo punto è Gesù stesso a chiedere ai suoi che cosa la gente e loro stessi pensano di lui (Mc 8,27). Ne va di mezzo il pensare Dio e l’uomo che in lui si palesano.
2. Domanda pertanto decisiva da molti punti di vista, e a cui viene data una prima grande risposta nelle parole programmatiche con le quali Gesù apre il suo ministero pubblico: «Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: Il tempo è compiuto, convertitevi e credete nel vangelo» (Mc 1,14-15). Parole da cui traspare una definizione di Gesù come il portatore di un annuncio da parte di Dio, annuncio che è una buona notizia, annuncio il cui contenuto è l’avvicinarsi del Regno di Dio. Una prossimità che porta a compimento il tempo, viene cioè dichiarato concluso il tempo della attesa del Regno di Dio e viene dichiarato aperto il tempo dell’esserci del Regno di Dio. Affermazioni che meritano ulteriori puntualizzazioni a partire dall’insieme della scritto marciano e non solo. La prima riguarda l’espressione «Regno di Dio» che l’evangelista presuppone conosciuta, in essa Dio viene descritto in termini di re dedito a istaurare un mondo nel diritto, nella giustizia e nella pace, speranza coltivata soprattutto dai poveri e dagli oppressi della terra. Solo gli ultimi sono il vero soggetto portatore di speranza nel loro no al così stanno le cose, nel loro si a un mondo diverso. Gesù entra in scena, allora come ora, presentandosi come l’annunciatore che proclama aperto il tempo in cui una aspettativa è colmata in termini decisivi, ultimativi e perfetti. Dov’è tutto ciò, e in questo sta la seconda puntualizzazione, continuando a esserci non diritto, ingiustizia, violenza, male, dolore e morte? Nella parola, nel gesto e nella morte – resurrezione di Gesù, risponde Marco. Lì la regalità liberatrice di Dio avviene e si rende definitivamente e compiutamente presente come atto di amore che genera il nuovo. Lì in Gesù il quale è simultaneamente annunciatore e luogo del farsi vicino come non mai della cura di Dio per il povero mondo. Un annuncio che diventa appello: convertitevi e credete, aderite cioè all’atto escatologico dell’amore di Dio in Cristo con un atto di fede salda e fiduciosa che coinvolga mente, cuore e vita. Lasciate che l’annuncio si apra una strada in voi e ne sarete trasformati, divenendo voi stessi luogo del porsi storico dell’atto di amore di Dio in Cristo.
3. Un appello che diventa chiamata (Mc 1,16-20). Gesù, allora come ora, incrocia il cammino dell’uomo: passa, vede e invita alla sequela. I tratti della vocazione cristiana sono posti: in principio vi è sempre l’iniziativa di Gesù il Signore che posa il suo sguardo d’amore che elegge, che chiama per nome e che interpella a stare con lui per sempre resi partecipi del suo sogno, quello di un Dio in lui definitivamente vicino e amico. E partecipi della sua sorte. Un Gesù il cui chi sei si risolve nell’essere la vicinanza esaustiva della regalità di Dio per l’uomo, che ove accolta genera un’esistenza regale. Il senso di queste iniziali affermazioni programmatiche si dipanerà pagina dopo pagina.