La giornata tipo di Gesù
Vi è un male fisico, psichico, sociale, morale e spirituale che getta l’uomo nel dolore e nell’angoscia ostacolandone il cammino verso la sua umanizzazione, un male-essere che sta molto a cuore a Dio in Gesù che nel caso specifico viene a trovarsi a contatto con una donna con la febbre. Il racconto come al solito è scarno e essenziale: Gesù entra in casa di due dei suoi primi discepoli, viene informato della infermità della suocera di Simone e agisce (Mc1,29-30). Meritevole di attenzione è la sequenza dei gesti (Mc1,31): Gesù si avvicina, prende per mano, fa alzare o solleva, verbo tipico di resurrezione (Mc 5,41; 9,27); sequenza accompagnata da una parola: «Per questo infatti sono venuto» (Mc1,38), ad esempio perché la febbre lasci una donna (Mc1,31).
Il segreto di Gesù inizia a svelarsi in termini chiari e concisi: egli è la prossimità amante di Dio a chi sta male, è la mano aperta di Dio che prende per mano chi sta male, è guarigione-resurrezione di Dio a chi sta male, nel piccolo e nel grande. In breve è l’uscito da Dio per far uscire da ciò che ferisce l’uomo. La chiave di lettura per leggere i miracoli di Gesù, e miracolo vuol dire capacità di meravigliarsi dinanzi a tanta premura, è posta: essi sono eventi dell’amore di Dio e ad esso rimandano, essi sono segni della resurrezione futura come vittoria definitiva su ogni male e ad essa rimandano. Eventi-segni infine che operano una grande guarigione, dalla inoperosità legata alla propria infermità al servizio: «La febbre la lasciò ed ella li serviva» (Mc1,31). Pensiamo al sevizio delle donne a Gesù e ai Dodici (Lc 8,1-3) e al servizio delle mense nella Chiesa primitiva (At 6,2), ma soprattutto al fatto che i guariti nascono al ringraziamento, alla lode, all’annuncio e al fare agli altri ciò che è stato fatto a loro. Liberi servi del Dio amante in Gesù, di lui cantori e racconto, liberi servi dell’uomo sofferente con Gesù e secondo Gesù.
2. Una liberazione, questa della suocera di Simone, che sottende una emancipazione da tabù consolidati almeno in ceti settori della popolazione, il contrarre impurità toccando una donna inferma. Dinanzi a una creatura nel bisogno, dichiara coi fatti Gesù, non vi è regola alcuna ne divina ne umana che arresti il porgere la mano. Qui e altrove: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo sono venuto» (Mc1,38). Questo modo di essere di Dio in Gesù è a portata universale, ogni villaggio della Galilea e dell’intera terra abitata è vicino al Dio di Gesù, ieri, oggi e domani, niente e nessuno può imprigionarne l’amore, porgli confini e steccati. Non le folle e neppure Simone e i suoi amici sempre pronti ad assecondare il desiderio delle folle: «Tutti ti cercano» (Mc1,36-37), e tantomeno il successo del momento. Gesù mai prenderà decisioni nel tempo dell’euforia e nel tempo della depressione, il Padre e solo il Padre sarà il suo determinante. Un Padre che nel caso specifico è a lui memoria di «altrove» a chi lo vorrebbe solo «qui», un Padre incontrato nella preghiera: «Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava» (Mc1,35). Questo particolare offre l’occasione di soffermarci un attimo su quella che, in questo primo capitolo dello scritto di Marco, viene definita la «giornata tipo» di Gesù data dalla unità luogo, Cafarnao (Mc1,21), di tempo, il sabato, e di suddivisione, il mattino (Mc1,35), il giorno (Mc1,29-31) e la sera (Mc1,32). Altamente istruttiva.
Il giorno di Gesù inizia di buon’ora in una solitudine colmata dalla preghiera, dalla relazione con il Padre; prosegue durante le ore solari con la preghiera pubblica in Sinagoga e nell’adempimento dell’opera del Padre, istruzione e guarigioni (Mc1,39); si conclude a sera con i malati alla sua porta (Mc1,32-33) sorretti dalla speranza di essere liberati dalla notte dei loro mali. Sera altresì tempo di incontro con gli amici a tavola (Lc 24,29s). Gesù riflette la verità dell’uomo come essere di solitudine, il mattino dell’uomo aperto alla illuminazione donata dal faccia a faccia con Dio; come essere di compagnia, il giorno dell’uomo da viversi nella compassione; e come essere di amicizia, la sera dell’uomo sempre aperta alla compassione e a gesti e parole in convivialità amiche.
3. Pagine densissime che dischiudono a una lettura di sé, singoli e comunità, come umanità bisognosa di guarigione, ad esempio dalla malattia del non sapere pensare e vivere il tempo, iniziati a questo da Colui che ci suggerisce di vivere ogni giorno come se fosse il primo e l’ultimo, e di viverlo bene, in maniera ordinata. Il che dipende dal risveglio mattutino della coscienza, la nascita quotidiana a sapersi dono di Dio a prolungare durante le ore del giorno, della sera e della notte, di villaggio in villaggio, la cura del Cristo. Quella esperimentata sulle proprie più o meno occulte malattie.