Vogliamo vedere il Signore
1. Alcuni greci, «timorati di Dio» (At 10,2) convertiti al monoteismo d’Israele e saliti a Gerusalemme per la pasqua, esprimono a Filippo e a Andrea, nomi di origine greca, il desiderio di vedere Gesù, di incontrarlo personalmente. Una richiesta la cui risposta è contenuta nell’insieme del discorso di Gesù, l’ora dell’appuntamento con ogni creatura e popolo sarà quella della croce, allora egli attirerà tutti a sé e tutti volgeranno lo sguardo sull’innalzato-trafitto (Gv 19,37). L’ora della gloria. Un vocabolario che merita attenzione.
2. Il vocabolario dell’ ora: «È venuta l’ora», «adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora» (Gv12,23.27). La speranza giudaica era rivolta al giorno e all’ora dell’intervento definitivo di Dio nella storia, e il Gesù di Giovanni legge se stesso come l’inviato del Padre a dare compimento a questa promessa attesa: l’ora del Padre è la pasqua del Figlio, la sua passione che lo turba e da cui vorrebbe essere salvato, la sua resurrezione-glorificazione e la pentecoste o invio dello Spirito. È l’ora per la quale Gesù è venuto: l’ora della gloria (Gv12,23.27-28), l’ora del giudizio (Gv12,31) e l’ora della attrazione del tutto umano (Gv12,32).
L’ora della gloria: «Padre, glorifica il tuo nome» (Gv12,28), manifesta cioè all’esterno, pubblicamente, la spessa e luminosa verità racchiusa nel tuo nome di Padre, in cui sta la tua consistenza. Un desiderio, questo di Gesù, che ha il suo momento epifanico proprio nella sua pasqua; lì il pesante spessore del Padre, gloria significa infatti peso, raggiunge il proprio il proprio vertice. Vocabolario minimo che dischiude alla intelligenza del Vangelo di Giovanni.
Gesù è venuto a rivelare Dio come dedizione assoluta all’uomo, la croce ne racconta l’amore fino all’ultimo respiro e all’ultima goccia di sangue, la resurrezione ne racconta l’amore fin nella tomba, la pentecoste ne racconta l’amore nel dono di un soffio che fa volare ad altezza di figli donati alla terra come suoi custodi destinati all’eterno. Questi è il Padre di Gesù, questa la sua verità o gloria. Padre che a sua volta rivela nella medesima ora pasquale la gloria di Gesù, la sua verità di Figlio riflesso adempiuto per tutte le genti di Dio-amore: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato» (Gv12,23).
L’ora della gloria è altresì l’ora del giudizio: «Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori» (Gv12,31). L’ora del Figlio, espressione suprema dell’agape del Padre per il mondo umano, diventa simultaneamente e inesorabilmente giudizio su un certo mondo. Non è giudicato conforme alle aspettative di Dio una umanità posta nella menzogna, e tale lo è quella fondata sull’odio, sulla idolatria e sull’adesione ai persuasori occulti e subdoli che spingono al male. Una umanità giudicata falsa alla luce del suo opposto, la verità in termini di dedizione di sé evidente nel Cristo in croce, in termini di una immagine bella e buona di Dio evidente nel Cristo in croce e in termini di adesione al persuasore interiore di nome Spirito che dischiude a un esistere nell’adorazione, nel dono di sé e nell’attesa della resurrezione sulle orme di Cristo.
La pasqua del Cristo diventa così il metro di misura della verità o della falsità del mondo, e il principe-principio di una umanità nella inimicizia e nella assolutizzazione del relativo viene cacciato fuori dalle coscienze attratte dal posto in alto. E qui si apre un nuovo paragrafo, l’ora della attrazione: «E io,quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me» (Gv12,32).
L’amore di Dio in quell’innalzato-trafitto non esclude nessuno e Dio in Cristo in maniere a noi sconosciute attrae a sé tutti, nella Chiesa e al di fuori dei confini istituzionali della Chiesa, a noi basta sapere che egli è nascosto nel profondo più profondo di ogni coscienza umana e che prova ne è il linguaggio della cura dell’altro.
3. A noi provocati a chiederci se davvero desideriamo vedere il Signore, se davvero consideriamo la Croce l’ora del suo più alto farsi conoscere come verità di Dio e dell’uomo e se davvero siamo disposti a porci al suo servizio (Gv12,26). Il servizio dell’annuncio di un Tu nel quale il Padre si rivela come vita perduta per l’uomo; il servizio della testimonianza di un Tu e di suo Padre attraverso una vita non ripiegata su di sé ma aperta al dono di sé fino a perdersi, la via che conduce alla vita eterna; e il servizio della proclamazione di un Tu sotteso quale «Latens deitas» nel cuore di ogni creatura aprendola al bene: «Cristo è più preoccupato che tutti gli uomini siano salvi, che non che sappiano chi è il loro Salvatore» (R: Cantalamessa). Chi fa questo sarà onorato da Dio: «Se uno serve me, il Padre lo onorerà» (Gv12,26).