Chi viene a me non avrà più fame
1.«La folla…si diresse…alla ricerca di Gesù» (Gv 6,24). La folla è qui la metafora del cammino dell’uomo costitutivamente creatura di ricerca di presenze intuite come benedizione, come eventi in grado di dischiudere al senso il giorno dato a vivere e l’ora data a morire. Folla che ha già esperimentato nel gesto della moltiplicazione dei pani (Gv 6,1-13) la attenzione premurosa di Gesù; folla sempre tentata di eleggere a suo governatore chi gli procura il pane (Gv 6,14-15), disposta anche a vendere coscienza e libertà in cambio della sicurezza economica; folla dinanzi alla quale Gesù adempie un alto compito di educatore che merita di essere sottolineato.
Educazione circa il discernimento sul cercare: «In verità, in verità vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati» (Gv 6,26). E’ questo un cercare simile a quello dei «polli che vanno dietro alla massaia per amore del becchime» (S.Fausti), tale da negarsi alla intelligenza profonda del significato sotteso al gesto del pane spezzato e di colui che lo ha compiuto. Gesù invita la folla a prendere coscienza che accanto alla fame biologica e al cibo che la soddisfa vi è anche fame di senso e parola che la nutre, compresa la sete di eternità a cui egli è venuto a porgere acqua: « Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà» (Gv 6,27).
A scanso di equivoci sia chiaro che Gesù, e in lui Dio suo Padre, è tutt’altro che straniero ai bisogni primari e fondamentali dell’uomo a cui si è dedicato con passione, il mangiare-dormire-giocare-amare-pensare-vivere in libertà, semplicemente apre all’uomo la possibilità di un nuovo e inedito orizzonte nei confronti del quale darsi da fare. Tale orizzonte si chiama «vita eterna», di essa egli è il rivelatore e il datore inviato dal Padre. Dinanzi a tale dono l’opera da fare è «che crediate in colui che egli ha mandato» (Gv 6,29). Siamo al cospetto di insegnamenti che ci riguardano molto da vicino: la parola risveglia la coscienza al coraggio di reintrodurci in cammini caratterizzati da ricerche decisive, il ridiscendere nel segreto della propria cella interiore, il cuore, a individuarvi quali fami e quali seti lo abitano, e quali domande. E ancora a individuarvi chi lo abita e quale spazio ha trovato in noi la sua presenza e quale accoglienza il suo dono.
2.Guardandoci bene dentro noi cerchiamo amore e vita e presenze di amore e di vita in cui riposa il senso dell’esserci, e guardandoci bene attorno è dato di scorgere sotto il sole uomini e donne che dicono di essere stati incontrati da un certo Gesù ad essi amore fino al dono di una vita in abbondanza (Gv 10,10), da lui condotti alle sorgenti delle acque della vita che mai viene meno (Ap 7,17). Vita il cui nome è un Tu : «Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo» (Gv 17, 3); vita la cui declinazione è l’ amore: «Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte» (1Gv 3,13); vita il cui approdo è l’eterna compagnia del Figlio: «Vado a prepararvi un posto…perché dove sono io siate anche voi» (Gv 14,2-3).
Il senso di un discorso sotteso alla moltiplicazione dei pani si chiarifica: all’uomo che invoca e attende vita Dio dona il Cristo «via alla vita» (Gv 14,6), egli «pane di Dio che discende dal cielo e dà la vita al mondo» (Gv 6,33), dà il Padre che è eterno e dà l’amore che è eterno. Già ora è introdotto nella vita eterna chi dimora in Dio-vita e nel suo amore, il Padre di Gesù e il suo amore che genera amati per amare non periranno mai, questa la parola-pane portata da Gesù. Che fare? Ripetere con la folla: «Signore, dacci sempre questo pane» (Gv 6,34), per sentirci rispondere da Gesù: «Io sono il pane della vita» (Gv 6,35). Pertanto risuscita in te il desiderio di voler essere un amato per sempre che ama per sempre, e apri il tuo desiderio a un pane di nome Gesù: «Chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete» (Gv 6,35).
3.L’esperienza della fede sboccia quando accade l’incontro tra l’io sono fame e l’Io sono il pane di Dio disceso dal cielo (Gv 6,33) per te, per noi, per ogni uomo, per l’intera creazione. Un incontro che apre gli occhi sulla verità di Dio, è buono come il pane; sulla verità di Gesù, è la bontà di Dio fatta pane; e sulla verità dell’uomo, nel suo segreto è fame di bontà cercato e chiamato da Gesù a divenire pane conforme a lui (Rm 8,29), a sua statura. Una illuminazione che la sua compagnia, l’andare a lui-l’accogliere lui-l’ascoltare lui-il mangiare lui, rende possibile trasformandoci a sua immagine e somiglianza, figli e figlie del Buono inviati alla terra a manifestarne la benevolenza incondizionata per ogni creatura. E la vita si dischiude a orizzonti di altissimo senso: divenire pane, acqua, olio e vino per le innumerevoli fami, seti, ferite e tristezze dell’uomo.
Gli affamati di senso incontrati dal Pane che dà senso diventano pane donato alla tavola della vita trovando senso. Un incontro che genera un desiderio fatto preghiera, al pari di quella della samaritana (Gv 4,15): «Signore, dacci sempre questo pane» (Gv 6,34), la tua amicizia (Gv 15,14-15), le tue parole di vita eterna (Gv 6,68), te stesso. Per divenire noi stessi.