Si sono celebrati da poco i sessant’anni dall’inizio del Concilio Vaticano II. È vero che la Chiesa riconosce l’infallibilità, oltre che al Papa, anche ai Concili ecumenici?Enrico Gorini
Risponde padre Francesco Romano, docente di Diritto canonico
La domanda del lettore è di interesse sempre attuale e richiede la dovuta attenzione. La dottrina sull’infallibilità è complessa e merita di uscire dalla stretta questione per allargare lo sguardo su un orizzonte più vasto. Infatti, la dimensione di giustizia connessa ai diritti e ai doveri all’interno della Chiesa circa l’autenticità e l’integrità della conservazione e della trasmissione del deposito della fede, risponde all’obbligo dei fedeli di obbedienza al Magistero della Chiesa nella persona dei «sacri Pastori in quanto rappresentano Cristo, dichiarano come maestri della fede o dispongono come capi della Chiesa» (can. 212 §1).La Costituzione dogmatica sulla divina rivelazione, Dei Verbum si sofferma sulla trasmissione divina della Rivelazione che fu data per essere conosciuta da tutti gli uomini. In Cristo Signore ha trovato compimento tutta intera la Rivelazione e ha ordinato agli Apostoli che l’Evangelo, prima promosso per mezzo dei Profeti e da lui adempiuto e promulgato di persona, venisse da loro predicato, «gli Apostoli poi, affinché l’Evangelo si conservasse sempre integro e vivo nella Chiesa, lasciarono come loro successori i vescovi, a essi affidarono il loro proprio posto di magistero» (Dei Verbum, n. 7). Ne consegue, riprendendo l’insegnamento della Dei Verbum, che «l’ufficio d’interpretare autenticamente la parola di Dio scritta o trasmessa è affidata al solo Magistero, la cui autorità è esercitata nel nome di Gesù Cristo» (Dei Verbum, n. 10)Il pontefice san Paolo VI, in un’allocuzione al Congresso internazionale sulla teologia del Concilio Vaticano II, il 1° ottobre 1966 presentò la Chiesa nata dall’azione evangelizzatrice del Signore e degli Apostoli che a sua volta fu inviata a evangelizzare: «La Chiesa, avendo ricevuto dal suo divin Fondatore il mandato di annunziare il Vangelo a tutte le genti, per poter attuare convenientemente questa missione, fu costituita maestra fedelissima di verità e possiede il carisma della verità indefettibile. Consapevoli di questo carisma, la Chiesa non ha mai cessato di proclamarsi colonna e fondamento della verità».Il Concilio Vaticano I il 18 luglio 1870 con la Costituzione dogmatica Pastor Aeternus definiva solennemente l’infallibilità personale del Papa: «con l’approvazione del sacro Concilio proclamiamo e definiamo dogma rivelato da Dio che il romano Pontefice, quando parla ex cathedra, cioè quando esercita il suo supremo ufficio di pastore e di dottore di tutti i cristiani, e in forza del suo supremo potere apostolico definisce una dottrina circa la fede e i costumi vincola tutta la Chiesa, per la divina assistenza a lui promessa nella persona del beato Pietro, gode di quell’infallibilità con cui il divino Redentore volle fosse corredata la sua Chiesa nel definire la dottrina intorno alla fede e ai costumi: pertanto tali definizioni del romano pontefice sono immutabili per se stesse, e non per il consenso della Chiesa». (cap. IV).Affinché il deposito della fede rimanesse gelosamente custodito nella sua interezza, la Costituzione dogmatica sulla Chiesa del Concilio Vaticano II Lumen Gentium conferma l’infallibilità e dichiara che per istituzione divina, ammaestrare autenticamente i fedeli è competenza esclusiva dei pastori successori di Pietro e degli apostoli, al loro Magistero Cristo stesso ha conferito il carisma dell’infallibilità nelle cose che riguardano la fede e i costumi (cf. Lumen Gentium, n. 25)La Dei Verbum dichiara che il deposito della fede, affidato dal Signore alla Chiesa, è la Sacra Tradizione e la Sacra Scrittura. Esso deve essere custodito nella sua integrità e autenticità e interpretato autenticamente dal solo Magistero vivo della Chiesa (cf. Dei Verbum, n. 10). Al divino deposito appartengono anche tutti i mezzi di salvezza, soprattutto i sacramenti (cf. can. 841).Nella Chiesa il Magistero infallibile è duplice. Il primo è personale e riguarda direttamente e strettamente il romano Pontefice (cf. can. 749 §1). Il secondo è collettivo quando viene esercitato nel Concilio ecumenico dai vescovi in quanto successori degli apostoli come Magistero solenne e straordinario, oppure come Magistero ordinario universale quando sparsi per il mondo, i vescovi convengono in una medesima dottrina da tenersi come definitiva (cf. can. 749 §2).Il Magistero solenne del Papa è straordinario quando in circostanze eccezionali esprime il suo insegnamento con formule che lo presentano come atto definitivo (cf. can. 749 §1) e gode dell’infallibilità. In particolare: a) quando parla ex cathedra a tutti i fedeli come pastore e dottore e non come semplice vescovo di Roma e ancor meno come teologo privato che esprime opinioni personali, b) in forza del suo ufficio di successore di Pietro, con il compito di confermare i suoi fratelli nella fede; c) e insieme proclama che una determinata dottrina deve essere accettata con assenso di fede; d) e lo dichiara espressamente con atto definitorio formale e chiaro.Anche il Concilio ecumenico gode dell’infallibilità del Magistero solenne e straordinario quando i vescovi: a) come dottori e giudici di fede e morale; b) dichiarano per tutta la Chiesa; c) che una determinata verità di fede e di morale; d) deve essere tenuta tale in modo definitivo (cf. can. 749 §2, prima parte).Come terzo aspetto del Magistero infallibile è da annoverare il Magistero ordinario universale (cf. can. 749 §2, seconda parte). Si dice “ordinario” perché riguarda l’abituale funzione dei pastori e si riferisce al Collegio dei vescovi sparsi per il mondo quando: a) conservano la piena comunione tra di loro e con il successore di Pietro; b) insegnano in modo autentico verità di fede o di morale; c) si trovano d’accordo tra loro e con il romano Pontefice in un’unica sentenza da tenersi come definitiva. Perché una dottrina possa essere considerata infallibile questa sua definizione deve risultare in modo manifesto (cf. can. 749 §3).Ammaestrare autenticamente i fedeli significa insegnare con l’autorità di Cristo. Il Magistero autentico del romano Pontefice e del collegio dei vescovi è infallibile quando il suo pronunciamento in materia di fede o di costumi assume il carattere definitivo, e per questo richiede da parte di tutti i fedeli l’assenso di fede divina e cattolica che si esige per i pronunciamenti infallibili (cf. can. 750).Al contrario, il Magistero autentico del sommo Pontefice e del collegio dei vescovi non è infallibile quando non intendono promulgare una dottrina in materia di fede o di costumi con atto definitivo. A essa i fedeli sono obbligati a prestare un «religioso ossequio dell’intelletto e della volontà» (can. 752).L’insegnamento del Magistero autentico, ma privo del requisito dell’infallibilità in materia di fede o di morale, è dato anche dai singoli vescovi come tali, o riuniti in Conferenze episcopali o nei Concili particolari, in comunione tra loro e con il sommo Pontefice (cf. can. 753).L’adesione dei fedeli al proprio vescovo quando insegna come dottore e autentico maestro della fede richiede un atteggiamento di «ossequio religioso dell’animo» (can. 753) anziché «dell’intelletto e della volontà» come avviene per il Magistero autentico non infallibile del sommo Pontefice e del Collegio dei vescovi (can. 752). La differenza è facilmente comprensibile perché il vincolo che unisce l’ossequio del fedele all’insegnamento del singolo vescovo è più flebile per il minor grado di certezza di verità che reca in sé rispetto al Magistero del romano pontefice e del collegio dei vescovi.La stessa qualifica di Magistero autentico, non infallibile, al quale devono «aderire con religioso ossequio dell’animo» (can. 753) i fedeli che ne sono soggetti, si applica alle dichiarazioni dottrinali del Magistero delle conferenze episcopali approvate all’unanimità dai membri vescovi, oppure nella riunione plenaria approvati con voto deliberativo almeno con una maggioranza qualificata dei presuli che appartengono alla conferenza, cui segue la recognitio della sede apostolica (cf. can. 455 §2).Nella Chiesa l’autenticità e integrità della Parola rivelata costituiscono la dimensione di giustizia perché sono alla base del dovere di conservare la parola di Dio e del diritto di ogni fedele di poter usufruire autenticamente di tale conservazione.