Volevo chiedere quali sono le relazioni tra Chiesa cattolica e Chiese Ortodosse, se il Battesimo ricevuto in una Chiesa è riconosciuto anche dalle altre, e se è possibile partecipare alle liturgie.Vincenzo BenvenutiRisponde p. Francesco Romano, docente di Diritto canonicoLe domande che il lettore ci rivolge richiederebbero una lunga trattazione, ma dobbiamo limitarci a dare una sintetica risposta. Esse devono essere messe in relazione alla questione ecumenica di cui il Concilio Vaticano II fa da spartiacque rispetto a una disciplina anteriore che proibiva in modo assoluto di assistere o partecipare alle funzioni degli acattolici (cf. canone 1258 del Codice di diritto canonico del 1917), anzi era riprovato come delitto prendere parte a un rito religioso di una comunità acattolica che equivaleva a professare una falsa religione e, per conseguenza, a rinnegare la fede cattolica (canone 2316).Il Vaticano II nel «Decreto su l’Ecumenismo», Unitatis Redintegratio, auspica un nuovo inquadramento della questione ecumenica fondandolo su due principi: dignità di ogni battezzato in quanto incorporato a Cristo e per questo costituito in una certa comunione, sebbene imperfetta, con la Chiesa cattolica; urgenza di cercare le strade per l’unità senza pregiudizio per la verità.Il Vaticano II è fonte normativa alla quale si ispireranno tutte le norme successive fino al Codice di diritto canonico del 1983 con un cambiamento della disciplina canonica più «mitigata» relativa alla communicatio in sacris preconciliare (cf. Decreto Orientalium Ecclesiarum, nn. 26-29).Per dare esecuzione alle norme in materia ecumenica del Vaticano II fu pubblicata il 14 maggio 1967 la prima parte del direttorio Ad totam Ecclesiam, mentre la seconda parte Spiritus Domini risale al 16 aprile 1970. Resteranno come norme di riferimento fino al 1983 con la promulgazione del Codice di diritto canonico.Per meglio comprendere le relazioni che intercorrono tra battezzati nella Chiesa cattolica o in essa accolti e gli altri battezzati sia nella Chiesa orientale ortodossa che nelle Chiese e comunità ecclesiali separate in Occidente, è utile spiegare preliminarmente il significato di communicatio in sacris e di communicatio in spiritualibus. Troviamo la definizione delle due figure di comunicazione nel Decreto Ad totam Ecclesiam: «Si ha comunicazione nelle cose sacre quando qualcuno partecipa a un qualsiasi culto liturgico o anche a sacramenti di qualche Chiesa o Comunità ecclesiale» (n. 30). «Per comunicazione nelle cose spirituali si intendono tutte le preghiere fatte in comune, l’uso in comune di cose e luoghi sacri e tutto ciò che propriamente e veramente si chiami comunicazione nelle cose sacre» (n. 29). «Nel concedere la facoltà di comunicare nei Sacramenti occorre tener grande conto della legittima reciprocità» (n. 43)Il Codice di diritto canonico del 1983 recepisce queste disposizioni secondo le quali è lecita ai battezzati delle Chiese orientali separate la communicatio in sacris, ovvero è possibile conferire se spontaneamente li chiedono e siano ben disposti i sacramenti della Penitenza, dell’Eucaristia e dell’Unzione degli Infermi (cf. canone 844). Anche ai battezzati nella Chiesa cattolica o in essa accolti è lecito, se vi è impossibilità fisica o morale di accedere al ministro cattolico, ricevere da ministri non cattolici i predetti sacramenti nella cui Chiesa sono validi, evitato il pericolo di errore o indifferentismo (cf. canone 844).In sintesi, la mitigazione nei confronti delle Chiese orientali separate è basata su questi elementi: la validità dei Sacramenti, la buona fede e le buone disposizioni, la necessità dell’eterna salvezza, l’assenza del proprio ministro, l’esclusione dei pericoli da evitare e della formale adesione all’errore.È chiaro che la communicatio in sacris non riguarda le Chiese evangeliche e le altre comunità cristiane nate dalla Riforma e da nuove divisioni tra le stesse Chiese luterane perché la celebrazione dei Sacramenti è un’azione della comunità di cui tale celebrazione significa l’unità nella fede, nel culto e nella vita. Tale unità di fede manca soprattutto nei tre predetti sacramenti e per questo la partecipazione è proibita ai fedeli cattolici. Tuttavia, chiarisce il Direttorio Ad totam Ecclesiam, siccome i sacramenti sono tanto segni di unità quanto fonti di grazia, la Chiesa per motivi sufficienti può permettere che qualche fratello separato, per esempio un anglicano o un protestante, che versi in pericolo di morte o per urgente necessità e non possa recarsi da un ministro della sua Chiesa, può ricevere da un sacerdote cattolico i sacramenti purché manifesti una fede conforme a quella della Chiesa cattolica e sia ben disposto. Tale direttiva sarà recepita nel 1983 dal Codice di diritto canonico.Il battesimo è conferito validamente, per infusione o per immersione, con acqua vera, e la forma verbale che indica chiaramente l’atto di battezzare compiuto da chi lo amministra nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Viene raccomandato che le diverse Chiese e comunità cristiane giungano per quanto è possibile a un accordo sul suo significato e sulla validità della celebrazione, «pertanto se i libri rituali e liturgici o le consuetudini di qualche Chiesa o Comunità religiosa obbligano uno di questi modi di battezzare, possono sorgere dei dubbi soltanto dal fatto che il ministro non osservi bene le norme della propria Comunità» (Ad totam Ecclesiam, n. 13).Riguardo all’ammissione di un padrino battezzato non cattolico, facciamo ancora riferimento al direttorio Ad totam Ecclesiam: «È lecito ammettere per giusto motivo un fedele orientale come padrino assieme al padrino cattolico (o con la madrina cattolica) nel battesimo di un bambino o di un adulto cattolico, purché si sia provveduto all’educazione cattolica del battezzato, e consti l’idoneità del padrino. Al fedele cattolico, se richiesto, non sia proibito di fungere da padrino nel battesimo conferito nella Chiesa orientale. In questi casi l’obbligo di provvedere all’educazione cristiana è anzitutto del padrino o madrina della Chiesa in cui il bambino è stato battezzato». Tuttavia, il Codice del 1983 dava una norma restrittiva limitando la presenza del padrino battezzato non cattolico alla semplice funzione di testimone associato al padrino cattolico. Successivamente, Giovanni Paolo II nel 1993 approva e ordina la pubblicazione della nuova edizione del «Direttorio per l’ecumenismo» del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani secondo cui un fedele della Chiesa orientale ortodossa viene ammesso come padrino solo «congiuntamente» al padrino cattolico. Per quanto riguarda le restanti comunità cristiane nate dalla Riforma e da nuove divisioni tra le Chiese Luterane ecc., per motivi di parentela o di amicizia un membro di esse può essere ammesso solo come «testimone» del battesimo, ma soltanto insieme a un padrino cattolico. Naturalmente in questo caso la funzione di testimone non ha nulla a che vedere con l’ufficio di padrino.Infine per quanto riguarda la liturgia non sacramentale è consentita la partecipazione a celebrazioni quali la preghiera del mattino o della sera, le veglie straordinarie ecc. Nelle celebrazioni liturgiche che si fanno in altre Chiese e comunità ecclesiali, si consiglia ai cattolici di prendere parte ai salmi, ai responsori, agli inni, ai gesti comuni della Chiesa di cui sono gli invitati. Se i loro ospiti lo propongono possono proclamare una lettura o predicare; è possibile celebrare le esequie ecclesiastiche a membri di Chiese o comunità ecclesiali non cattoliche, purché ciò non sia contrario alla loro volontà e che il loro ministro ne sia impedito; le benedizioni impartite ai cattolici possono essere impartite anche agli altri cristiani su loro richiesta; le preghiere pubbliche per altri cristiani, vivi o defunti, per i bisogni e secondo le intenzioni delle altre Chiese e comunità ecclesiali e dei loro capi spirituali possono essere offerte durante le litanie e altre invocazioni di un servizio liturgico, ma non nel corso dell’anafora eucaristica.