Perché in Avvento e Quaresima ci sono le domeniche «rosa»?
Una curiosità liturgica. Le domeniche «Gaudete» e «Laetare», quando la penitenza si attenua per l’avvicinarsi della luce della festa (vedi uso del colore rosa al posto del viola) perché sono le penultime domeniche dei tempi di Avvento e di Quaresima, anziché le ultime? A me parrebbe più logico… Grazie per l’attenzione.
Giacomo Gradoni
Per soddisfare la curiosità del nostro lettore credo si debba partire dalla IV domenica di Quaresima, domenica Laetare. Nell’antico sistema quaresimale due erano le settimane più importanti, la settimana maggiore o santa e quella che gli antichi documenti liturgici romani chiamano mediana, in origine quella che iniziava con la terza di quaresima. Per cui si avevano le prime due settimane, poi la mediana, e a chiudere le altre due. Più tardi si passò dalla terza alla quarta di quaresima, immettendo così nel computo anche la settimana santa, con una scansione di questo tipo: le prime tre, poi la mediana e infine le altre due, ma con l’effetto che si perse la definizione e il senso primitivo di mediana.
Comunque sia la domenica Laetare è un momento di gioia e di festa durante quel cammino che un tempo prevedeva lo stretto digiuno quaresimale, inizialmente di natura battesimale tanto per i catecumeni quanto per coloro che già erano stati battezzati.
Questo momento di gioia domenicale vedeva il deporre i paramenti neri del celebrante e la riassunzione della dalmatica e della tonacella, abiti di gioia e di festa. I grandi stoloni, in origine neri dei diaconi non erano altro che il ripiegamento delle pianete nere ordinariamente indossate da tutti i chierici e dal vescovo.
Determinare il colore liturgico iniziale è difficile, dato che gli usi dei colori attuali sono sì medievali, ma di sistemazione abbastanza tarda e non sempre univoca nelle Chiese occidentali.
Per molti studiosi la domenica Laetare, con stazione papale a S. Croce in Gerusalemme, trae la sua origine dalla terza domenica di quaresima del rito bizantino, che comportava, e comporta a tutt’oggi, l’adorazione della S. Croce, cui si tributava un omaggio di fiori profumati. A Roma si volle imitare l’uso, per cui il papa andava nella basilica di S. Croce in Gerusalemme dove si conservava un grande frammento della vera Croce, portando in mano una rosa d’oro profumata di musco, in memoria della Passione e della Resurrezione del Signore, volendo così ricordare l’omaggio fatto a lui da Maria nella cena di Betania (Gv 12,3).
La prima testimonianza diretta della rosa è del papa Leone IX nell’anno 1049, ma dal testo del pontefice si desume che questa era già una consuetudine romana. Le monache di S. Croce in Bamberga dovevano ogni anno mandare al papa la rosa dorata o di prezioso materiale affine, che con l’andare del tempo venne consacrata col crisma per poi, dopo l’omaggio alla Croce, essere donata a qualche uomo insigne o ad una città. Ancora con Paolo VI si conservava questo uso.
Dalla centralità nella celebrazione della rosa potrebbero essere sorti i colori liturgici di questa domenica che non solo esprimeva la grande gioia nella dimensione liturgica, ma anche era ricca di chiassose feste popolari.
Per la domenica terza di avvento, la cosiddetta Gaudete dalla prima parola dell’antifona di ingresso, diversi studiosi pensano ad una derivazione dalla domenica Laetare del ciclo quaresimale.
Tra tutte le domeniche di avvento questa era la più popolare per la particolare stazione papale in S. Pietro caratterizzata da una particolare ufficiatura descritta nei rituali del sec. XII (Ordo XI) e XII (Ordo X). In questa domenica piena di gioia tutta particolare per l’approssimarsi del Natale del Signore, contro l’uso di tutto il tempo di avvento, si cantava anche il Gloria.
Il colore liturgico, l’uso dei fiori e il suono dell’organo possono essere, dunque, derivati dalla domenica quaresimale. Comunque sia, al di là del gusto del nostro lettore, la collocazione che la Chiesa romana ha dato a queste particolari domenica risponde alla necessità di interrompere i lunghi e serrati ritmi del digiuno di questi due tempi liturgici. Non una prefesta, ma la risposta ad una necessità «fisiologica» dei fedeli tutti tesi a preparare le grandi solennità seguenti, il Natale del Signore e la sua Resurrezione.
Lamberto Crociani