Perché in Quaresima non si recitano il «Gloria» e l’«Alleluia»?
Durante la celebrazione eucaristica recitiamo la preghiera del Gloria, il canto dell’Alleluia dopo l’ascolto delle letture, dopo l’omelia professiamo la nostra fede con la preghiera del Credo. Come mai durante il periodo quaresimale non si recita il Gloria e il canto dell’Alleluia viene sostituito con la formula «Gloria e lode a te o Cristo»?
Marco Giraldi
La sua lettera, gentile lettore, toccava alcuni aspetti diversi e significativi: per questo l’abbiamo divisa in due parti. Iniziamo, questa settimana, a rispondere alla prima questione relativa al significato liturgico-teologico della Quaresima.
La Quaresima si presenta con alcune caratteristiche esterne che la differenziano da tutti gli altri tempi dell’anno liturgico: la prima è relativa alla soppressione dell’alleluia non solo nella Messa, ma anche nella Liturgia delle Ore, l’altra che esclude il Gloria dalla celebrazione domenicale e una terza, che lei non cita, e che sopprime il canto del Te Deum dopo la seconda lettura dell’Ufficio o dopo il cantico e la proclamazione del Vangelo.
Ora la liturgia celebra solo il Signore Risorto in ogni tempo dell’anno, in ogni celebrazione delle feste della Madre di Dio, degli Apostoli e dei Santi, come pure nella celebrazione esequiale: la comunità dei credenti volge la sua attenzione al Risorto anche il Venerdì santo, quando all’inizio dell’adorazione della Croce canta: «Adoriamo la tua Croce Signore, lodiamo e glorifichiamo la tua santa Risurrezione…». Eppure in Quaresima – ma anche in Avvento, tempo tremendo e gioioso dell’attesa del Signore glorioso – la Chiesa latina la Domenica, che da sempre è giorno in cui non si digiuna perché celebra in modo tipico la Risurrezione, non canta l’inno di lode all’Agnello Risorto che vive perennemente immolato. Il motivo è lo stesso per cui l’alleluia (lodate il Signore) viene soppresso fino alla notte della Risurrezione.
La risposta di per sé è semplice, perché la Quaresima, e per certi aspetti l’Avvento, è un tempo «penitenziale» che in qualche modo penalizza il significato della domenica.
Nata come tempo di preparazione alla celebrazione dei sacramenti dell’iniziazione cristiana nella grande veglia della Risurrezione, caratterizzata fin dall’inizio, secondo la tradizione più antica, dal digiuno del vescovo e dei catecumeni e di chiunque tra i cristiani avesse voluto almeno tre giorni prima dell’amministrazione dei sacramenti, già dal tempo di papa Leone Magno la Quaresima ha assunto in sé il senso di tempo particolarmente legato alla conversione, quindi al digiuno, che come lo stesso papa Leone ricorda nelle sue omelie, è prima di tutto astensione dal peccato. Ugualmente la soppressione dell’alleluia è legata alla stessa motivazione penitenziale e siccome non è possibile non fare festa per la proclamazione evangelica, lo stesso viene sostituito con espressioni similari. (Per la storia si veda almeno Righetti, Storia liturgica, I, p.212).
Ben diversa è la visione della Chiesa bizantina che definisce i giorni del digiuno come giorni dell’alleluia ed inizia lo stesso ufficio del Venerdì santo con il canto degli alleluia: non lo tralascia mai durante tutto l’anno prima della proclamazione del Vangelo.
Lamberto Crociani