La conoscenza di Dio tra mistica, teologia e filosofia
Ho letto la risposta al quesito posto da un lettore, intitolato «Cosa possiamo dire da credenti a chi si dichiara ateo?» pubblicata il 4 marzo del 2015. Lei risponde giustamente che è necessario de-antropomorfizzare Dio «ripulendolo» da tutte le qualità umane che gli si attribuiscono… ma allora, mi chiedo, perché Gesù lo chiama Padre? E se Dio è amore (per essenza) come afferma Giovanni, non è pure l’amore un sentimento umano? Terza (e ultima) domanda: Lei afferma «…non si crede in un Dio che ci viene a salvare»: ma scusi, secondo la teologia cristiana, non è proprio Dio che prende l’iniziativa, che sulla croce si è «dato»?
Silvano Cattaruzza
Alla seconda domanda richiamo il lettore al significato più alto e perfetto del termine «amore», e non a quei sensi banalizzati dagli uomini e scritti nel vocabolario. L’amore e amare non sono per nulla umani, l’amore è l’essere stesso di Dio Trino e Unico. L’amore è la struttura o costituzione divina del Padre, del Figlio e dello Spirito, infatti se il lettore immagina per un attimo di togliere l’amore dalle tre persone divine immediatamente le disintegra e le annulla. Un Dio fondato sull’odio è come dire che un cerchio è quadrato. Siccome l’uomo è a immagine e somiglianza di Dio per questo la sua natura umana è fondata sull’amore, è vero, è un amore relativo, limitato, umano, i teologi lo dicono «analogo», ma non è diverso. In Dio il Padre ama il Figlio come nell’umanità il marito ama la moglie, la «quantità e la qualità» dei due amori è infinitamente differente, ma il rapporto è lo stesso e l’analogia lo spiega: in modo umano, nell’amore tra marito e moglie c’è una somiglianza con l’amore divino della Trinità. Insomma l’amore è il divino che c’è nell’uomo, infatti vivendo l’amore gli uomini riescono a formare la comunione a somiglianza del Dio Trino, odiandosi sono nella morte, dice l’evangelista Giovanni, perché vivono al contrario di Dio. La diversità tra Dio e l’uomo è che nell’uomo l’unione con l’altra persona è fatta con un atto deliberato, mentre nelle persone divine per es. tra Padre è Figlio è una «generazione», questa è eterna e quindi indivisibile, nell’uomo è temporale o modale e perciò scindibile, come il peccato originale ha mostrato.
Alla prima domanda si risponde di conseguenza. Gesù chiama padre il Padre perché da Lui è generato. Anche qui siamo in una situazione di analogia: come il Padre genera il Figlio così il babbo e la mamma generano il figlio. Anche la generazione è una forma divina attuata al modo umano. Perciò non è un antropomorfismo quanto dice Gesù di suo Padre, al contrario è un «teomorfismo» quando, per esempio, Pippo chiama Ugo e Anna padre e madre. E la spiegazione è data dalla generazione stessa: come il Padre, che è Dio, genera il Figlio, il quale è di natura divina e Dio anche lui (come il Padre e lo Spirito); così Ugo genera un uomo Pippo uguale a se stesso nella natura umana. Il credo ci fa dire del Figlio: «generato non creato» proprio per sottolineare che il Figlio è Dio come il Padre anche se è generato, uguale nella natura anche se distinto dalla relazione di figliolanza. Dio Padre ha fatto dono agli uomini della paternità per cui tale attributo non è antropomorfo, ma teomorfo, e Gesù lo può usare a maggior diritto degli uomini, perché siamo noi che lo abbiamo ereditato. Tant’è vero che il battesimo ci fa figli di Dio e non viceversa.
Il lettore ha ragione solo se questi termini, che sono caratteri divini, vengono banalizzati e volgarizzati allora è evidente che attribuiti a Dio diventano quasi insulti, ma se presi nella loro originaria e archeologica esistenza appartengono a Dio stesso e gli sono attribuibili insieme a tanti altri molto belli come salvatore, misericordioso, gioioso, tenero come una madre, tutte parole che esprimono l’Amore che Dio è nelle sue infinite sfaccettature, come il prisma scinde l’unico fascio di luce.
Athos Turchi