Qual è il significato dei sette doni dello Spirito Santo?
Mi sono sempre interrogata sul significato dei sette doni dello Spirito santo, e in particolare su quelli che all’apparenza sembrano quasi sinonimi: Sapienza, Intelletto, Consiglio, Scienza. Anche sul Timor di Dio mi sembra importante una esplicitazione, per non confondere il «timore» con la «paura».
Giuliana Maggini
La perplessità della lettrice non è del tutto fuori luogo. In effetti, la precisazione dei sette doni dello Spirito santo appartiene alla tradizione della Chiesa, che presenta una visione pedagogica dei doni di Dio, adeguata a comprendere il mistero della sua benevolenza. Lo stesso papa Francesco ha svolto una catechesi sui sette doni nell’aprile dell’anno scorso, introducendo il suo insegnamento con queste precise parole: «Cari fratelli e sorelle, buongiorno! Iniziamo oggi un ciclo di catechesi sui doni dello Spirito Santo. Voi sapete che lo Spirito Santo costituisce l’anima, la linfa vitale della Chiesa e di ogni singolo cristiano: è l’Amore di Dio che fa del nostro cuore la sua dimora ed entra in comunione con noi. Lo Spirito Santo sta sempre con noi, sempre è in noi, nel nostro cuore. Lo Spirito stesso è “il dono di Dio” per eccellenza (cfr Gv 4,10), è un regalo di Dio, e a sua volta comunica a chi lo accoglie diversi doni spirituali. La Chiesa ne individua sette, numero che simbolicamente dice pienezza, completezza».
Il numero settenario risale alla riflessione già dei primi secoli, ma ha trovato una completezza soprattutto nel medio evo. Il fondamento biblico è una famosa profezia di Isaia sul Messia atteso da Israele: «Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici. Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e d’intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore. Si compiacerà del timore del Signore» (Is 11,1-3). Il Messia atteso nella dinastia davidica, la stirpe di Iesse, padre di Davide, era visto ripieno di questi doni per esercitare il suo governo secondo il cuore di Dio. Di per sé i doni sarebbero sei, secondo le tre coppie del versetto fondamentale. Attraverso l’antica versione greca della bibbia ebraica, l’ultimo termine è stato duplicato in «pietà» e «timore del Signore», includendo anche l’ultimo dono.
Come ha indicato il papa, soprattutto la riflessione medievale ha preso spunto dal numero settenario per indicare la completezza e la pienezza dei doni dello Spirito. Per questo nel sacramento della Cresima si fa riferimento ai sette doni, indicando attraverso di essi il dono personale dello Spirito Santo. Queste precisazioni non vogliono togliere valore alla riflessione che la tradizione della Chiesa ha sviluppato con un importante senso pedagogico. L’esperienza spirituale e di fede, trasmessa attraverso i secoli, ha collegato i singoli doni con atteggiamenti spirituali, veri doni dello Spirito al credente, perché possa crescere nella fedeltà al Vangelo e agire secondo Dio per la realizzazione del suo Regno. Molti autori spirituali hanno elaborato varie catechesi sui doni dello Spirito santo, fin dai primi secoli. Ne hanno trattato, per esempio, Agostino, Bonaventura, Tommaso, molti autori anche contemporanei.
Nella catechesi odierna troviamo molti adattamenti, soprattutto per gli adolescenti chiamati a prepararsi alla cresima. E non credo di poter proporre in questa sede una risposta esauriente e definitiva. Mi limito, pertanto, a brevissime indicazioni, da approfondire, leggendo più diffusamente altri autori. Potremmo dire, allora, che il dono della sapienza fa riferimento ad una profonda intimità con Dio, raggiunta nella preghiera, che ci permette di vedere le cose dal suo punto di vista, secondo il suo progetto d’amore per le creature. L’intelletto, dono legato alla dimensione di fede, ci fa scorgere il senso profondo della realtà e della Parola di Dio. Il consiglio ha un risvolto pratico, perché guida e illumina la coscienza a comprendere quali siano le azioni da compiere secondo il Vangelo. La fortezza ci rende capaci di superare le difficoltà della vita da una parte, la pigrizia dall’altra.
La scienza, in sintonia con il progresso della conoscenza umana, coglie ogni creatura e ogni realtà nel suo rapporto con Dio. La pietà conduce ad un atteggiamento profondamente religioso, di grande confidenza nei confronti di Dio e, quindi, di comunione verso tutti gli uomini. Il timore di Dio non è certamente un sentimento di terrore, ma indica l’abbandono umile verso il Signore, consapevoli certamente della sua santità e della distanza che ci separa ma altrettanto consapevoli della nostra vocazione ad essere e vivere come suoi figli. La lettrice mi perdonerà se la risposta non ha pienamente esaudito la sua richiesta, ma, alla fine, il dono vero dello Spirito è uno solo: la sua stessa persona. Accogliendolo in noi, nel sacramento della cresima, in dialogo costante con questa presenza così intima, la nostra vita è trasformata sempre più a somiglianza del Signore Gesù Cristo.
Valerio Mauro