Come è nata la divisione degli anni liturgici?
In realtà non esistono più anni liturgici, ma c’è solo un’unica dimensione temporale che si distende di anno in anno, come una spirale ellittica, e che ci fa rivivere i vari misteri della vita, della morte e della risurrezione del Signore Gesù attraverso la celebrazione liturgica che viene scandita in tre cicli definiti anno A, B, C.
L’anno liturgico prende inizio con il tempo di Avvento (dai primi vespri della prima domenica di Avvento fino all’ora nona del 24 dicembre), segue il tempo di Natale (dai primi vespri del 24 sera fino alla domenica successiva all’Epifania, in cui si celebra la festa del Battesimo di Gesù, ancora a tutti gli effetti tempo di Natale), un primo periodo del tempo Ordinario (dal lunedì seguente il Battesimo di Gesù fino al martedì sera che precede il mercoledì delle Ceneri), il tempo di Quaresima (dal mercoledì delle Ceneri al sabato santo incluso), il tempo di Pasqua (dalla Veglia Pasquale alla sera di Pentecoste – la solennità dell’Ascensione è all’interno del tempo di Pasqua), il secondo periodo del tempo Ordinario (dal lunedì successivo alla Pentecoste fino all’ora nona del sabato che precede la prima domenica di Avvento) in cui ci sono alcune solennità del Signore: la Santissima Trinità (domenica successiva alla Pentecoste), il Corpus Domini (il giovedì o la domenica successiva alla Santissima Trinità), il Sacro Cuore di Gesù (il venerdì successivo alla domenica del Corpus Domini), Cristo Re dell’universo (l’ultima domenica del tempo Ordinario).
Questa struttura celebrativa che ritma l’anno della Chiesa si è formata gradualmente a partire dal II secolo quando si è definita – oltre alla celebrazione della Pasqua settimanale, di domenica in domenica, festa primordiale di origine apostolica – una grande festa annuale di Pasqua con il periodo di preparazione – dapprima di due giorni di digiuno e preghiera, poi una settimana, fino ad arrivare ai 40 giorni che ancora oggi celebriamo con il tempo di Quaresima – ed il periodo seguente con i 50 giorni che arrivano fino a Pentecoste. Gradualmente si è formato poi il tempo di Natale e successivamente il tempo di Avvento (siamo già attorno al VI secolo).
È quindi la Chiesa stessa, in tutti i suoi membri, che ha determinato l’anno liturgico per come lo celebriamo noi oggi: quella che era una prassi celebrativa di una singola Chiesa o regione pastorale si è diffusa gradualmente dappertutto ed è stata riconosciuta ufficialmente per tutti.
Dopo la riforma liturgica del Concilio Vaticano II la Chiesa – tramite i suoi pastori – ha riordinato ultimamente l’anno liturgico dando maggiore importanza alla centralità del mistero pasquale del Signore, favorendo la partecipazione e la comprensione liturgica per tutti i fedeli.
In Italia, per esempio, proprio per offrire una maggiore abbondanza dei testi della Sacra Scrittura, la Conferenza Episcopale ha caratterizzato l’anno liturgico del tempo Ordinario in un ciclo biennale per il tempo feriale (durante la settimana, ogni anno si legge lo stesso brano evangelico, mentre la prima lettura ed il salmo cambiano in base all’anno, pari o dispari, alternandosi reciprocamente) e triennale per le domeniche e le festività, gli anni A, B e C, caratterizzati dalla proclamazione del vangelo di Matteo (A), Marco (B) e Luca (C) lasciando prevalentemente il vangelo di Giovanni al tempo di Natale e di Pasqua.
È sempre la Chiesa, con i successori degli Apostoli, che assolvendo al suo incarico di guidare, insegnare e presiedere il popolo di Dio, valuta di volta in volta possibili cambiamenti per una più attenta e proficua celebrazione da parte di tutti del mistero pasquale del Signore.
Roberto Gulino