Perché la Chiesa non ammette la fecondazione eterologa?
La vicenda di un’amica mi ha messo in crisi. Ho sempre ritenuto giuste le indicazioni della Chiesa in materia di bioetica (pur senza farci, lo confesso, grande attenzione e non considerando questo un tema fondamentale per la mia fede cristiana). Adesso però questa mia amica mi ha raccontato della sua difficoltà ad avere figli, e che con il marito sta pensando alla fecondazione eterologa. È una coppia sposata già da alcuni anni, con un desiderio di maternità e paternità genuino e sincero. Sinceramente non me la sono sentita di dirle che stanno sbagliando. Ho fatto male? E quale alternativa avrei potuto consigliarle?
Lettera firmata
La legge 40 regola in Italia il ricorso alla fecondazione artificiale e, quando fu approvata nel 2004, la legge ammetteva solo la fecondazione omologa, cioè all’interno della coppia, escludendo l’uso di gameti di donatori.
Questo punto – tutto lo ricordiamo – fu sottoposto anche a un referendum abrogativo, ma i cittadini decisero in massa per astenersi e così la legge restò, allora, immutata. L’idea sottesa a questa limitazione dell’intervento biomedico era di mantenere saldo il legame naturale fra coppia coniugale e dono della vita e, in ultima analisi, di ribadire il valore della famiglia e tutelare i diritti del concepito.
La fecondazione eterologa – che comporta l’uso di gameti estranei alla coppia – sembrava una ferita a questa connessione tra coppia e trasmissione della vita: nell’eterologa, infatti, il figlio ha le sue radici in parte dentro la coppia che lo accoglierà e in parte fuori di essa, i valori personali della generazione vengono offuscati perché il donatore o la donatrice di gameti sono anonimi e si lede il diritto del nato da eterologa di conoscere le proprie origini in quanto la tendenza più diffusa è di nascondere l’eterologa occultando, per così dire, la propria sterilità.
Nel 2014 una sentenza della Corte Costituzionale ha fatto cadere questa limitazione, aprendo la strada alla fecondazione eterologa anche in Italia, come accade in molti Paesi del mondo. Capita così che anche una coppia cattolica con problemi di sterilità si ponga la domanda se accedere o no all’eterologa nelle sue diverse forme, di regola attraverso una fecondazione extracorporea (FIVET o ICSI).
Nella prospettiva prudenziale del pensiero cattolico l’eterologa mette in pericolo l’identità del concepito rispetto alle sue origini e costituisce una ferita all’unità profonda degli sposi, nonostante le buone intenzioni degli sposi. «Il desiderio di avere un figlio – legge in Donum vitae – e l’amore tra gli sposi che aspirano a ovviare a una sterilità non altrimenti superabile, costituiscono motivazioni comprensibili, ma le intenzioni soggettivamente buone non rendono la fecondazione artificiale eterologa né conforme alle proprietà oggettive e inalienabili del matrimonio, né rispettosa dei diritti del figlio e degli sposi».
D’altra parte, proprio il senso di rispetto e di venerazione per la vita nascente ci obbliga a ricordare che, indipendentemente dalle modalità e circostanze del suo concepimento, ogni bambino che viene al mondo dovrà comunque essere accolto come un dono vivente della Bontà divina e dovrà essere educato con amore.
Maurizio Faggioni