La Via Crucis in Quaresima è «obbligatoria» o «facoltativa»?
Sono anni che nella mia parrocchia nei venerdì di Quaresima non viene celebrata la Via Crucis. Mi chiedo: si tratta di una pratica obbligatoria richiesta dalla liturgia propria del Tempo oppure è una scelta facoltativa del parroco?
Lettera firmata
Pochi esercizi e devozioni sono tanto amati quanti la Via Crucis, testimonianza dell’amore del popolo cristiano verso le sofferenze del Signore. Con queste parole si esprimeva nel 2002 la Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti in un suo documento sul rapporto fra la liturgia e le devozioni popolari (Direttorio su pietà popolare e liturgia).
Il riferimento a questo autorevole documento è importante per capire cosa vi è in gioco nella domanda posta dal lettore. Non ci troviamo di fronte a una legge da osservare o meno, quanto al valore di opportunità pastorali che chiedono di essere valutate con attenzione.
Credo valga la pena ripercorrere il cammino che nella storia ha portato alla formazione della Via Crucis nella sua forma tradizionale e oltre.
La narrazione evangelica costituisce il fondamento teologico della Via Crucis. Celebrata la cena con i discepoli, si legge che «dopo aver cantato l’inno uscirono verso il monte degli ulivi» (Mc 14,26). Il racconto di quello che Gesù ha subito, consegnato di mano in mano, termina fino a che «fu condotto al luogo del Golgota» (Mc 12,26), dove crocifisso muore per essere deposto e sepolto in un sepolcro nuovo lì vicino. La chiesa di Gerusalemme ebbe una immediata devozione verso questi luoghi. Abbiamo testimonianze archeologiche di espressioni del culto cristiano presso questa area cimiteriale fin dal II secolo.
Nel 1991 papa Giovanni Paolo II ha trasformato le tradizionali stazioni, recuperandone il fondamento biblico. In questa nuova forma, che non sostituisce la tradizionale ma la affianca, sono state tolte le stazioni che non hanno un aggancio immediato con la narrazione evangelica e ne sono state inserite nuove, che raccolgono altri episodi come il dialogo con il ladrone buono. Sono rinvii a momenti di salvezza lungo il percorso doloroso di Gesù fino alla sua sepoltura, nell’attesa della sua risurrezione.
Cosa possiamo dire allora? Rinviando a quanto dice il documento sopra citato del 2002, la chiesa invita con forza a riconoscere il primato della liturgia. Ne è segno l’obbligo per i credenti della Messa domenicale. Non esiste obbligo verso le devozioni, anche verso quelle di antichissima tradizione. Inoltre il valore liturgico dei giorni non dovrebbe essere oscurato dai pii esercizi. Restando in tema, non mi sembra opportuno celebrare la Via Crucis di domenica, giorno della risurrezione del Signore. La motivazione che in domenica si può riunire una maggiore presenza di popolo non è adeguata al valore liturgico del giorno da rispettare. Tuttavia, la chiesa stessa invita a mantenere nel loro ordine e posto le devozioni popolari: il primato della liturgia non deve diventare esclusione o emarginazione delle devozioni popolari (Direttorio).
La Via Crucis mi sembra per il suo significato oggettivo, per la tradizione storica che ha radici così antiche e per l’amore di cui la circonda il popolo cristiano, una devozione da mantenere, soprattutto nei giorni più penitenziali della quaresima: il venerdì prima di tutti gli altri. Infine, ricordiamo che il papa la celebra ogni anno nella sera del Venerdì santo. Non è una nota di poco conto.
Valerio Mauro