Si può fare la Comunione anche senza essersi confessati?
Il Santo Curato di Ars ha detto: «Venite alla comunione, fratelli miei, venite da Gesù. Venite a vivere di Lui per poter vivere con Lui. Non dite che non siete degni. È vero: non siete degni, ma ne avete bisogno». In base a queste parole, possiamo comunicarci anche senza confessarci, con qualunque peccato, e poi confessarci in un secondo momento?
Gino Galastri
Penso che il Curato d’Ars con queste parole non intendesse tanto promuovere la prassi di accostarsi alla comunione senza confessarsi anche nella consapevolezza di peccati gravi, bensì volesse contrastare l’abitudine molto diffusa in passato a fare la comunione molto raramente, anche solo una volta all’anno. La prassi di non comunicarsi frequentemente era con molta probabilità dovuta al disagio di osservare il rigoroso digiuno eucaristico, alla difficoltà di affrontare la confessione o anche semplicemente a un malinteso senso d’indegnità di fronte all’eucaristia promosso da spiritualità rigoriste.
Considerando l’impegno esemplare del santo Curato nel ministero di confessore posso presumere che il suo invito ad accostarsi senza remore alla comunione sottintendesse anche quello a confessarsi di frequente, e soprattutto quello a confessarsi sempre nel caso di consapevolezza di aver commesso un peccato grave, salvo naturalmente situazioni d’impossibilità.
In effetti la normativa della Chiesa richiama la necessità della confessione sacramentale per accedere alla comunione quando si è consapevoli di colpe gravi ma prevede, anche in tal caso, la possibilità di accostarsi all’eucaristia posticipando la confessione quando non sia possibile premetterla.
Una presentazione lucida e dettagliata del rapporto che intercorre fra comunione eucaristica e perdono dei peccati nella dottrina e nel diritto della Chiesa è offerta da Basilio Petrà nel suo recente volume Fare il confessore oggi (EDB 2012). Mi pare utile riportare quanto l’autore afferma in proposito alla pagine 73-74:
Gianni Cioli