Perché la nascita di Gesù viene attribuita allo Spirito Santo?
Nella 4ª domenica di avvento Matteo ci dice: «non temere Giuseppe di prendere con te Maria per tua sposa. infatti il bambino generato in lei viene dallo Spirito Santo…» volevo sapere perché si parla di Spirito Santo quando ancora il Paraclito non era stato annunciato e la Pentecoste non era avvenuta? È vero che Giuseppe si affidò all’angelo del Signore, ma non rimaneva incomprensibile per quei tempi la frase «opera dello Spirito Santo»?
Roberto Rossi
L’unico testo a cui il lettore può fare riferimento circa l’assenza dello Spirito Santo potrebbe essere ricercato all’interno del Vangelo di Giovanni: «non c’era ancora lo Spirito perché Gesù non era stato ancora glorificato» (Giovanni 7,39). Ma il quarto Vangelo si muove attraverso una narrazione simbolica. Il testo vuol dire espressamente che lo Spirito Santo è dono del Cristo, dopo la sua morte-glorificazione: «Nell’ultimo giorno, il grande giorno della festa, Gesù, ritto in piedi, gridò: “Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura: Dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva”. Questo egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non vi era ancora lo Spirito, perché Gesù non era ancora stato glorificato» (Giovanni 7,37-39).
Nessuno pertanto è legittimato a sostenere che lo Spirito Santo non esisteva ancora al momento dell’annuncio a Giuseppe: «il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo» (Matteo 1,20). Significherebbe pensare alla Trinità divina come ad un’impresa in costruzione, se ci è consentito esprimerci in questo modo brutale.
Già la prima pagina delle Scritture, ci dice che «In principio Dio creò il cielo e la terra… La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque» (Genesi 1,1-2). E qui già si può sostenere ad una sorta di compresenza della Divina Sapienza, che accompagna il creatore nella costruzione del mondo, cioè come dice il libro dei Proverbi: «Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività, prima di ogni sua opera, all’origine. Dall’eternità sono stata formata, fin dal principio, dagli inizi della terra. Quando non esistevano gli abissi, io fui generata, quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d’acqua; prima che fossero fissate le basi dei monti, prima delle colline, io fui generata, quando ancora non aveva fatto la terra e i campi né le prime zolle del mondo. Quando egli fissava i cieli, io ero là; quando tracciava un cerchio sull’abisso, quando condensava le nubi in alto, quando fissava le sorgenti dell’abisso, quando stabiliva al mare i suoi limiti, così che le acque non ne oltrepassassero i confini, quando disponeva le fondamenta della terra, io ero con lui come artefice ed ero la sua delizia ogni giorno: giocavo davanti a lui in ogni istante, giocavo sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo» (Proverbi 8,22-31).
Questa divina sapienza è stata letta già dalle prime generazioni cristiane come la prefigurazione del Cristo, e dunque un’anticipazione del mistero cristiano della Trinità.
Se ritorniamo al testo della Genesi, scopriamo che nel momento in cui il Signore plasmò l’uomo con polvere dal suolo (l’adam, l’uomo, deriva dall’adamah, la terra), «gli soffiò nelle narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente».
Qui di seguito riporto alcuni fra gli innumerevoli testi che si trovano nell’Antico Testamento dove è richiamato lo Spirito di Dio. Quando il faraone sceglie Giuseppe, egli dice: «Potremo trovare un uomo come questo, in cui ci sia lo spirito di Dio?» (Gen 41,38). Oppure quando il Signore sceglie per Mosè settanta saggi per aiutarlo nel compito di guidare il popolo: «Allora il Signore scese nella nube e gli parlò: tolse parte dello spirito che era su di lui e lo pose sopra i settanta uomini anziani; quando lo spirito si fu posato su di loro» (Numeri 11,25). La gelosia di Giosuè nei confronti di Mosè viene ripresa da quest’ultimo: «Mosè gli disse: «Sei tu geloso per me? Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore porre su di loro il suo spirito!» (Num 11,29).
Aggiungo altri due testi. Il Salmo, che dice, a proposito dell’opera provvidenziale divina: «Nascondi il tuo volto: li assale il terrore; togli loro il respiro: muoiono, e ritornano nella loro polvere. Mandi il tuo spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra» (Salmo 104,29-30); il profeta Isaia, quando annuncia il discendente davidico: «Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e d’intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore» (Isaia 11,2), oppure quando parla dell’inviato del Signore: «Lo spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione; mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri» (Is 61,1).
Ma torniamo al respiro-spirito: esso è ciò che segna la continuità tra la sua missione e quella dello Spirito (un altro Paraclito), nel momento in Gesù nell’atto di morire sulla croce lo trasmette alla madre e al discepolo amato: «Gesù disse: “È compiuto!”». E, chinato il capo, consegnò lo spirito» (Giovanni 19,30).
Tornando al testo di Matteo, il riferimento allo Spirito divino è più che comprensibile: indica una nascita senza intervento umano, al pari delle grandi opere della creazione: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo» (Matteo 1,20).