Perché non è concesso a tutti fare la Comunione con il vino?
Vi sarei grato se voleste chiarire una domanda che si fanno tante persone che frequentano le nostre parrocchie. In effetti siamo in un periodo in cui ci facciamo molte domande che molte volte non trovano una risposta, oppure ricevono un chiarimento, ma con un linguaggio molto difficile da capire. La questione è questa: perché in diverse parrocchie – non molte in verità – un semplice fedele, magari ministro straordinario dell’Eucaristia, può avvicinarsi al Calice con il permesso del sacerdote e bere il vino, che sappiamo – anche con la poca Fede e conoscenza di molti fedeli – essere il sangue di Cristo? Se è una cosa che la Chiesa permette, perché non viene fatto in tutte le parrocchie? Alcuni sacerdoti,così detti dell’avanguardia, lo permettono, altri, chiamati conservatori, gridano allo scandalo. Dove sta la verità?
Paolo Pecchioli
Detto questo, occorre anche ribadire che «la santa comunione esprime con maggiore pienezza la sua forma di segno se viene fatta sotto le due specie» (Ordinamento Generale del Messale Romano n° 281) proprio per una migliore completezza simbolica e rituale del segno sacramentale di Gesù presente nell’Eucaristia. Anche la terza editio typica del Messale Romano – ancora in fase di traduzione e approvazione per la Conferenza Episcopale Italiana – invita a distribuire sia il pane sia il vino consacrati «purché i fedeli siano ben preparati e non ci sia pericolo di profanazione del Sacramento o la celebrazione non risulti troppo difficoltosa per il gran numero di partecipanti o per altra causa» (OGMR 283).
Ogni sacerdote, come pastore della comunità, può valutare questa possibilità della comunione sotto le due specie in base alle condizioni citate sopra: purché si comprenda che è per la maggior chiarezza del segno e non perché sia necessaria per una «piena-completa-vera» comunione che porta «più frutto» rispetto a quella sotto una sola specie; purché non ci siano rischi effettivi di profanazione; purché sia concretamente possibile senza troppa difficoltà.
La seconda questione. Sicuramente tutti ci accostiamo all’Eucaristia RICEVENDO il pane consacrato – ed eventualmente il vino consacrato – dalle mani del sacerdote, che in quel momento agisce «in persona Christi» (al posto stesso di Gesù) o dalle mani di un altro ministro ordinato o istituito per questo servizio.
Anche il diacono, ministro ordinato e non «straordinario» che ha come ufficio proprio di distribuire la comunione, riceve l’eucaristia e non la «prende» da solo, né pane né vino, e come lui anche gli accoliti, i ministri straordinari della comunione, gli altri ministri, i religiosi, i fedeli laici… tutti la ricevono! Dietro questa indicazione rituale vi è una realtà teologica molto profonda e da valorizzare maggiormente: l’Eucaristia è sempre e solo un dono, nessuno la può «prendere» da solo, ma la riceviamo tutti dal Signore.
Roberto Gulino