Come si combatte l’analfabetismo religioso?
Di fronte a questo impegno la soluzione del signor Degli Innocenti, mi sembra onestamente riduttiva. Invocare un ritorno al «nozionismo» non conduce – e il passato dovrebbe insegnare – alla riscoperta della fede, e questo per diversi motivi. Il primo fra tutti è che la fede non scaturisce dal sapere, anche se la fede si alimenta e cresce anche grazie ad esso. Per cui l’ignoranza non è la causa della mancanza della fede, ma ne è un effetto. La maggior parte dei ragazzi e degli adolescenti che incontriamo al catechismo sono disorientati da una cultura che non offre loro punti di riferimento, e sempre più spesso sono vittime degli insuccessi esistenziali e affettivi degli adulti. A questi noi ci illudiamo di suscitare l’interesse per Dio inculcando in loro un sapere, magari sotto minaccia: «Se non sai.. non ricevi il sacramento». Oggi, più che un tempo, non si può pensare una comunicazione della fede ai giovani senza tenere conto di chi si ha davanti, dei problemi, delle reali domande e delle implicite richieste di aiuto che da essi provengono. Spesso, però, le nostre comunità sono impreparate a dialogare con i giovanissimi e giovani, incapaci di accoglierli per quello che sono senza pregiudizi e attese troppo alte, e di testimoniare un cristianesimo vivo, gioioso e carico di speranza.
Tutto questo mi sembra oggi prioritario nella comunicazione della fede, rispetto ad una trasmissione «forzata» di contenuti. Verrà anche per loro il momento di conoscere e di imparare, ma solo se troveranno che il messaggio cristiano può realmente significare qualcosa di importante per la loro vita.