Madrina alla Cresima: se il parroco dice di no
Risponde padre Valerio Mauro, docente di Teologia Sacramentaria
La domanda della signora nasce da una situazione delicata, dove sono in gioco dimensioni importanti della nostra vita, come lei stessa nota: un rapporto bello e di fiducia con una bambina, una celebrazione centrale nella vita di fede come la confermazione, i valori e le richieste della stessa fede, che a volte ci interrogano. Nella lettera si accenna alle indicazioni normative della fede cristiana, che mi permetto di richiamare con maggior precisione. Nella Chiesa cattolica è auspicata la presenza di una madrina o padrino per chi sta per ricevere il sacramento della confermazione e, possibilmente, dovrebbe essere chi svolse l’incarico al momento del battesimo. Il punto in questione, però, riguarda l’esistenza di condizioni ritenute normative, fra le quali quella che «conduca una vita conforme alla fede e all’incarico che assume». Così indica il Codice di Diritto Canonico (can. 893 e 874), raccogliendo una lunga tradizione teologica.
Le richieste nascono dal compito che i padrini assumono, quali garanti del cammino di fede di chi riceve i sacramenti, una fede chiamata a dare forma cristiana all’esistenza umana. Nella tradizione della Chiesa, per il valore pubblico ed ecclesiale del loro incarico, la scelta dei padrini deve essere approvata dalla comunità, attraverso la discrezione del sacerdote, in questo caso il parroco. Gli elementi che portano all’approvazione, o meno, possono essere solamente quelle situazioni «oggettive», quali risultano esteriormente dalla vita delle persone, come aver ricevuto i sacramenti dell’Iniziazione cristiana. Nel caso presentato, la signora convive con un uomo, che ha alle spalle un matrimonio con un’altra persona, dalla quale si è separato. Presumo che questo matrimonio sia stato celebrato secondo il rito cattolico e, quindi, abbiamo un legame sacramentale che la Chiesa cattolica ritiene definitivo. Al di là della storia e del vissuto delle persone, siamo di fronte ad una situazione che si pone in contrasto oggettivo con la vocazione cristiana: non so come il parroco avesse potuto agire diversamente.
A mio parere, il discorso dovrebbe continuare, prendendo in esame il legame della signora con la bambina. Quei rapporti che nella lettera sono presentati come possibili motivi per accogliere la richiesta della fanciulla, potrebbero diventare, al di fuori dell’incarico formale di madrina, un’occasione bella e importante per aiutarla a crescere nella fede della Chiesa. È mia convinzione che molto possa essere spiegato con le parole adatte, soprattutto quando esiste un rapporto di fiducia e affetto come quello descritto nella lettera. La signora potrà eliminare ogni sentimento di «punizione», facendo capire come il cammino interiore e personale di fede richieda, al tempo stesso, espressioni oggettive che siano coerenti con la Parola del Signore. Esistono incarichi ufficiali nella Chiesa che richiedono, per la loro visibilità ecclesiale, una coerenza oggettiva fra quello che ognuno di noi vive e quello che viene mostrato, per esempio, durante la celebrazione. Questo non toglie nulla alla presenza amorosa che la signora continuerà ad avere verso la bambina. La pone, invece, in una situazione che potrebbe davvero essere feconda per il suo cammino di fede. Davanti al Vangelo di Cristo, siamo tutti chiamati ad essere discepoli e a proporlo in modo integrale. Secondo una certa metafora, siamo chiamati a volare più in alto possibile, mentre offriamo agli altri di volare anche più in alto di quanto non riusciamo a fare noi stessi.