Quando il matrimonio è «in punto di morte»
Recenti avvenimenti riportati dai media hanno fatto emergere il matrimonio «in articulo mortis». Questo tipo di matrimonio è stato recentemente celebrato per un militare in coma, ferito durante una missione. Vorrei capire su cosa si basa la validità religiosa di questo matrimonio.
Lettera firmata
Pertanto, secondo la visione cattolica, la vita coniugale, alimentata dal particolare affetto proprio degli sposi, nasce da quel momento singolare nel quale l’uomo e la donna si impegnano a donarsi reciprocamente. Questo atto di mutua consegna e affidamento è detto consenso. La vita dei coniugi è un rinnovare quotidiano la promessa di quel primo giorno. Attraverso una comprensione sempre più precisa di questo momento determinante per la vita coniugale, la scienza teologica e soprattutto canonica hanno distinto l’intenzione di unirsi in matrimonio, e quindi iniziare ogni preparativo per le nozze (consenso de futuro), dall’espressione formale di questa volontà all’interno della celebrazione (consenso de praesenti). È il consenso in questa seconda accezione che stabilisce l’intima comunione di vita e d’amore coniugale. Il modo concreto con cui, poi, bisogna manifestare il consenso è stato stabilito dalla disciplina ecclesiastica. La normativa è regolata dal diritto canonico attualmente in vigore. Fra le varie norme che prescrivono cosa occorre fare prima della celebrazione delle nozze, troviamo elementi ben conosciuti, fra i quali: le pubblicazioni dell’annuncio delle nozze; l’attestazione dello stato libero, cioè dell’essere privi di legami che impediscano il matrimonio; la documentazione religiosa richiesta (atti di battesimo e di confermazione). Per motivi particolari, l’autorità competente, sia il vescovo che la sede apostolica, può dispensare da alcune procedure o da alcuni legami.
Una situazione particolare è quella del «pericolo di morte» o del «punto di morte». Si tratta di due situazioni esistenziali leggermente diverse. Con «punto di morte» (in articulo mortis) s’intendono gli ultimi istanti di vita, quando l’incontro definitivo con il Signore è davvero vicino. Con «pericolo di morte» (in periculo mortis) s’intende, invece, una situazione prossima alla morte, ma non così immediata. Tuttavia, il passaggio ad un’altra vita non appare teorico o generico, ma realmente possibile per determinate circostanze. Nella situazione di pericolo di morte (tanto più in quella di punto di morte) molte disposizioni ecclesiastiche cessano di avere vigore, perché la Chiesa ha di mira soprattutto il bene dei fedeli. Nel matrimonio, come in altri sacramenti, il pericolo di morte spinge la Chiesa a mettere da parte ogni sia pur ragionevole prudenza canonica, preoccupandosi direttamente del bene spirituale di chi si trova in questa situazione. Il codice di diritto canonico, per esempio, prevede che in pericolo di morte per celebrare il matrimonio sia sufficiente l’affermazione dei due di essere battezzati e di non avere legami che impediscano le nozze.
Il caso indicato dalla lettrice potrebbe essere un episodio legato a questa normativa e alle sue eccezioni. Si tratterebbe delle nozze di un militare, in stato di supposta incoscienza. La sfumatura delle espressioni è doverosa. Dal momento che il consenso alle nozze deve essere pienamente consapevole del bene verso il quale ci si impegna (Io, Caio, accolgo te, Tizia, come mia sposa ), la persona che si mette in gioco deve essere responsabile di quelle che dice o manifesta. Non sono strettamente necessarie delle parole, ma lo è una qualche manifestazione esteriore dell’intenzione di unirsi in matrimonio con quella determinata persona. Non mi pare che, sia pure in circostanze estreme come il pericolo di morte o lo stesso punto di morte, ci si possa esimere dalla manifestazione del consenso alle nozze (consenso de praesenti). Una promessa di matrimonio (consenso de futuro), invece, non è sufficiente per procedere in modo automatico alle nozze.
La domanda della signora è rimasta senza risposta. Sinceramente, la situazione così come è stata descritta mi lascia perplesso. Penso che circostanze e motivi particolari abbiamo spinto il celebrante a mettere da parte alcune disposizioni di norma, lasciando che la precedente e provata volontà dei due fidanzati trovasse un modo per essere realizzata. Esisteva un legame affettivo che andava verso la celebrazione delle nozze. La cerimonia nuziale ha dato corpo a questo desiderio che, altrimenti, sarebbe rimasto frustrato. Quale sia, poi, il valore canonico di quel gesto, mi si consenta di lasciarlo decidere ad altri.