Cosa si può rispondere a chi dice di amare Gesù e non accetta la Chiesa?
Come rispondere a chi dichiara di amare Gesù e non accetta la Chiesa e la sua storia?
La domanda, allora, non riguarda solo il rapporto fra Cristo e la Chiesa, ma la capacità di annunciare in modo credibile come questo nesso sia essenziale alla figura di Gesù stesso. Prima di tutto ricordiamo come il rapporto fra Gesù e la Chiesa abbia sempre avuto un aspetto ambivalente. La Chiesa ha annunciato la persona e il Vangelo di Gesù. L’attività missionaria della Chiesa ha portato il Vangelo nel mondo intero.
D’altra parte, il comportamento dei cristiani non è stato coerente con il Vangelo annunciato, dando luogo ad una distanza fra l’ideale proclamato e la realtà vissuta, una distanza che ha fatto sorgere dubbi e problemi, simili a quelli indicati dalla nostra lettrice.
In epoca moderna, un autore ha scritto: «Gesù ha predicato il regno di Dio, la Chiesa ha predicato Gesù». In questa prospettiva la distanza diventa ancora più profonda. Non si afferma solo l’incoerenza della Chiesa dal messaggio annunciato, ma la si accusa di avere tradito il contenuto stesso della predicazione di Gesù. Certamente il Vangelo riporta come la predicazione portata avanti da Gesù, in parole e azioni, sia relativa alla venuta del regno di Dio, che Gesù dichiara imminente.
Riflettendo sugli stessi testi, però, si scopre come Gesù identifichi se stesso con la causa di Dio, a tal punto da offrire la sua vita perché il regno irrompa sulla terra. La primizia del regno di Dio, che sconfigge il male e la morte, è proprio l’avvenimento della risurrezione di Gesù. In questo avvenimento i suoi primi discepoli hanno scoperto il valore unico e singolare della persona di Gesù: nella sua esistenza umana il mistero di Dio si è reso visibile, fino ad affermare che Gesù è l’unigenito Figlio di Dio, fatto uomo per noi.
La predicazione della Chiesa non ha mai separato il regno dalla persona di Gesù: la pienezza del regno di Dio consiste proprio nella nostra piena relazione con Cristo, accogliendo nella fede quello che Dio ha fatto nella storia di Gesù. Da allora la Chiesa, nella sua realtà più profonda, è la «memoria di Gesù»”: una storia di uomini, che, nella fede e attraverso i tempi, hanno fatto memoria di Gesù tramandando il suo Vangelo, ripetendo nella liturgia la memoria della sua morte e risurrezione, cercando di vivere nello spirito dell’amore di Gesù, «venuto per servire e non per essere servito». In questi gesti la Chiesa riconosce di essere relativa al suo Signore, ripete continuamente che la sua esistenza dipende dal Vangelo, del quale è serva.
Nella lettera agli Efesini, l’apostolo Paolo esprime questa relazione con la metafora delle nozze. Cristo si è preparato la Chiesa come una sposa, capace di ricambiare il suo amore per lei: qui la distanza è annullata, come in un abbraccio sponsale.
Noi riceviamo Gesù solo dalla Chiesa e dalla sua storia. Resta la distanza fra il Vangelo annunciato e la vita concreta dei singoli cristiani. Certamente non possiamo accettare i peccati e i tradimenti commessi lungo la storia. Dobbiamo anche mantenere un senso critico nei confronti di scelte che il contesto storico può giustificare, ma che sono pur sempre state un annacquamento della purezza evangelica. Non possiamo, però, giungere a un taglio netto fra Gesù e la comunità che ne fa memoria lungo i tempi. Amare Gesù rifiutando la Chiesa è come accogliere un dono bellissimo rifiutando la persona che lo offre. Ogni dono è tale perché esiste il suo donatore: di fatto, esiste quella che potremmo chiamare la «donazione», quel gesto di comunione nel quale sono coinvolti colui che dona, il dono stesso e colui al quale è offerto. Ogni analisi, compiuta sul versante biblico o teologico, oppure secondo una prospettiva antropologica, giunge sempre a non poter separare Gesù dalla sua Chiesa.
La domanda della lettrice, inoltre, come accennavamo all’inizio, si apre verso una tensione di annuncio: «cosa dire a chi dice di amare Gesù ma non la Chiesa e la sua storia?». Il discorso si amplia verso il desiderio di comunicare ad altri la pienezza della fede che un credente già vive. È la medesima prospettiva che riluce all’inizio della prima lettera di Giovanni: «Quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi». L’accoglienza nella fede del Vangelo e della persona di Gesù è un atto di libertà personale. Non esistono strategie sicure o ragionamenti che costringono. Siamo tenuti a comunicare il Vangelo con fedeltà e accortezza di parola, ma, alla fine, non resta altro che quanto scrisse uno dei più grandi teologi moderni: «Solo l’amore è credibile». Solo l’amore, quel comandamento nuovo che Gesù ha lasciato come testamento ai suoi discepoli, apre la porta dell’interno mistero cristiano al cuore degli uomini. Una comunità che mostra il suo amore gioioso e fiducioso nella vita delle persone rende una testimonianza unica. Allora sarà lo Spirito di Dio a suggerire nel cuore degli uomini quella fede piena e libera, che giunge ad amare la Chiesa come una madre, dalla quale si è ricevuta la vita piena e definitiva: la comunione con Gesù, il Figlio di Dio, morto e risorto per tutti.