Celibato dei sacerdoti: perché la Chiesa è così ferma su questo punto?
Qualcuno, anche tra uomini di Chiesa, ipotizza che, alla luce delle notizie sulla pedofilia nel clero, bisognerebbe rivedere il celibato dei sacerdoti. C’è qualche collegamento tra le due cose? E quali sono invece le ragioni per cui la Chiesa è così ferma su questo punto? È vero che in alcune Chiese cattoliche di rito orientale si ammette che uomini sposati possano diventare preti?
Circa il collegamento tra i casi di pedofilia nel clero e la scelta celibataria non sembra che si debba per forza subito pensare ad una stretta e diretta correlazione. Cito solo quanto dichiara uno studio americano sugli abusi su minori: «nel solo 2008 negli USA sono stati identificati oltre 62.000 attori di abusi su minori, mentre il gruppo dei sacerdoti cattolici è così piccolo da non essere ritenuto rilevante». Del resto anche l’analisi del papa Benedetto XVI, nella sua lettera alla chiesa irlandese, tra le cause di questo gravissimo comportamento del clero, mette in evidenza da una parte l’inadeguatezza nel determinare l’idoneità dei candidati al sacerdozio e alla vita religiosa e dall’altra un’insufficente formazione umana, morale, intellettuale e spirituale nei seminari e nei noviziati. Non c’è nell’analisi del papa alcun riferimento a supposti «complotti» nei confronti della Chiesa, né al tema dibattuto del celibato del clero e neanche un accenno a vercare giustificazioni come il minor numero di casi di pedofilia del clero rispetto ad altre categorie di persone. In conseguenza di ciò il papa sostiene con forza che «bisogna agire con urgenza per affrontare questi fattori, che hanno avuto conseguenze tanto tragiche per le vite delle vittime e delle loro famiglie e hanno oscurato la luce del Vangelo a un punto tale cui non erano giunti neppure secoli di persecuzione» (Lettera ai cattolici d’Irlanda, n. 4). E ciò dimostra come il papa non rinunci ad ammettere le responsabilità delle istituzioni ecclesiali, come seminari e noviziati nell’impedire a soggetti non idonei di essere ammessi al sacerdozio.
Quindi a proposito delle cause citate dal papa occorre che la Chiesa faccia veramente di più a livello di formazione al sacerdozio e di discernimento circa l’idoneità a questa vocazione. «Gli esperti in materia – sostiene in un’intervista un vescovo italiano – dicono che ci sono degli indicatori del possibile sviluppo di atteggiamenti pedofili che si possono cogliere in antecedenza, così da poter prevenire o comunque intervenire per limitare i danni: tra questi indicatori di rischio di pedofilia c’è un’esperienza familiare molto negativa (il 30% di pedofili ha subito da ragazzo i medesimi abusi), povera capacità di relazioni interpersonali profonde e positive, interesse sessuale verso minori e tolleranza di pensiero verso la pratica della pedofilia ( ) Ci vogliono quindi nei seminari guide capaci di aiutare i soggetti a vedere ciò che soggettivamente, anche in buona fede, non vedono e indirizzarli ad adeguati interventi terapeutici, tenendo ben presente che in caso di dubbio circa l’idoneità al sacerdozio il vescovo può lecitamente non ordinare il candidato».
Già papa Paolo VI nella sua enciclica sul celibato sacerdotale affermava: «Una vita così totalmente e delicatamente impegnata nell’intimo e all’esterno, come quella del sacerdote celibe, esclude soggetti di insufficiente equilibrio psico-fisico e morale, né si deve pretendere che la grazia supplisca in ciò la natura» (Sacerdotalis caelibatus, n. 64).
Per quanto riguarda la seconda domanda già qualche anno fa su queste colonne ricordavo le parole del magistero di Giovanni Paolo II: nella sua esortazione apostolica post-sinodale del 1992 (Pastores dabo vobis) accolse alla lettera la proposizione presentatagli dai padri sinodali, i quali fra l’altro riaffermavano la volontà della Chiesa di mantenere la legge del celibato, liberamente scelto e perpetuo, per i candidati all’ordinazione sacerdotale nel rito latino. Riconoscevano poi la castità perfetta vissuta nel celibato sacerdotale come un dono inestimabile di Dio per la Chiesa e un segno profetico del Regno per il mondo attuale. In questo modo intendevano presentare il celibato come arricchimento positivo del sacerdozio e non come un peso negativo, quando fosse vissuto dal sacerdote come segno dell’amore totale verso Dio e il Popolo di Dio.
Sempre nello stesso documento veniva poi spiegata dal Sommo Pontefice la motivazione teologica della legge ecclesiastica sul celibato: in quanto legge esprime la volontà della Chiesa, prima ancora della volontà del candidato al sacerdozio. Questa volontà della Chiesa trova la sua ultima motivazione nel legame che il celibato ha con l’ordinazione sacra, che configura il sacerdote a Gesù Cristo, Capo e Sposo della Chiesa. Per questo il sacerdote, in quanto tale, è chiamato ad amare la Chiesa, come Sposa di Gesù Cristo nello stesso modo, totale ed esclusivo, con cui Gesù Cristo l’ha amata.
Il celibato sacerdotale, allora, come scelta personale, è dono di sé, in Cristo e con Cristo, alla sua Chiesa, dono che si esprime nel servizio pieno ed esclusivo alla Chiesa.
Come si vede la linea che la Chiesa ha riproposto in questi anni, è quella di far comprendere in modo positivo la ricchezza del carisma celibatario attraverso la scelta di mantenere in vigore questa legge, più che a mettere in discussione una disciplina secolare anche di fronte al problema della diminuzione delle vocazioni sacerdotali. La Chiesa intende puntare in alto e salvaguardare la portata di questa testimonianza e per questo richiede il grande sforzo della formazione dei candidati al sacerdozio.
Circa l’ultima domanda la risposta è positiva. Sì, le chiese orientali, anche cattoliche, mantengono in vigore la disciplina che prevede l’ordinazione sacerdotale di uomini che hanno contratto matrimonio. Questo perché il matrimonio di per sé non è impedimento all’ordinazione sacerdotale. Mentre invece l’ordinazione sacerdotale è ritenuta un impedimento alla celebrazione del matrimonio. Quindi anche nelle chiese orientali non viene ammesso al matrimonio chi è già stato consacrato prete. Resta invece obbligatorio il celibato per coloro che vengono ordinati vescovi.